scoprii
sylvia plath che ero ancora adolescente. il primo impatto fu molto
violento, attraverso la campana di vetro, tanto che dovetti
sospenderne la lettura. negli anni sono rimasta molto legata alle
sue poesie. di lei sorprende questa severità metrica che va
di pari passo con un'esasperazione costante, un'anticonvenzionalità
di contenuti e l'ininterrotto riferimento biografico che l'accompagnò
nello scrivere.
estrapolo
due concetti che mi suggeriscono l'evoluzione del lavoro: DOLORE -
COLORE
mi accorgo che l'immagine non si separa facilmente dalle parole. spesso
avverto la necessità di completare i pannelli con delle frasi,
o più semplicemente delle parole, che sono suoni - soprattutto
- ma anche segni e simboli.
non sono dell'idea di accompagnare i pannelli con dei suoni esterni.
mi interessa di più che esista la possibilità di un
richiamo sonoro interno. in questo mi aiutano sicuramente le espressioni
verbali. non essendo musicista non riesco a concepire l'introduzione
di spaccati di spartito, ma posso immaginare la descrizione di un
rumore, un'ulteriore contestualizzazione del lavoro.
spesso mi succede, quando scrivo lettere, di descrivere quello che
ho intorno. nel silenzio della scrittura i suoni e rumori circostanti
assumono grande importanza.
ok. sto diventando ridondante!
come base del lavoro ho utilizzato l'immagine rifotografata del papavero
ed alcune foto in movimento delle mie mani