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tornata /
le foto meno indecenti scattate durante il viaggio sono raccolte su flickr
i diari ancora tutti da sistemare (presumo ci vorrà del tempo … )
ho disegnato poco –
la canzone invece – ascoltata innumerevoli volte
(il titolo non c’entra – era per un post che poi non ho scritto)
.
then I came back from where I’d been.
my room, it looked the same –
but there was nothing left between
the Nameless and the Name.
.
piove grigio
pioggia bassa che lava i gelsi lucidando i loro corpi rossicci e complicati
[è un continuo mescolarsi di livelli
inutile provare a districarli]
+
el aplastamiento de las gotas – julio cortazar
la casa possiede alcune stanze vuote
non so nemmeno dire se abbiano finestre
la casa è tuttora un luogo misterioso
un ambito della conoscenza imperfetta
dell’arbitrio azzardato di chi va a tentoni
mi chiedo spesso – se sia così per tutti
oppure qualcuno non accede mai al privilegio penoso del dubbio
e trascorre la vita raccogliendo pomodori di contrabbando
senza abbandonarsi all’incognita – senza concederle terreno
( tempo spensierato dalla fatica coatta )
il dubbio persistente è un accessorio borghese
tipico di questa borghesia dall’apparenza intenta
incline alla depressione – sostanzialmente inutile
là dove ha inizio il terrorismo l’immagine si fa indistinta
suggerisce la possibilità della comprensione a spingersi oltre
non più modulazione strategica del colore bensì della sfocatura
.
ph 2/ dall’atlante di gerard richter
ph 3/ cit. gerard richter
ci sono persone che emanano una luce particolare appartamenti e stanze dove la luce è fonte di atmosfera e poi c’è la luce della neve in questo periodo, per recarmi al lavoro, trascorro quotidianamente un paio d’ore viaggiando in corriera / naturalmente porto sempre con me dei libri da leggere e il quaderno + michel de montaigne / sulla conversazione
+ david pearson design – even if young, a long and fruitful experience with penguin books and others |
quando viaggio in corriera mi piace guardare gli alberi e osservare come cambiano nel corso delle stagioni / osservo da lontano il tronco, i rami, la loro intricata nudità invernale oppure il diradarsi temporaneo o senza rimedio degli aghi nelle specie pinofite, la disposizione delle processionarie sui rami, i loro bozzoli sospesi e silenziosi aggrappati all’anima rossiccia di certe conifere durante / sotto: lacerto tratto da arboreto selvatico
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è di lettura e lettere non scritte
generalmente assente o intorpidita
il paesaggio mi corrisponde ormai – come un’abitudine
in cui si insinua di tanto in tanto un velo di stupore incondiviso
nelle gallerie mi viene sempre voglia di dormire
qualcuno avrà notato che negli ultimi giorni non ho dedicato nemmeno una riga alle vittime di haiti non è certo per negare la drammaticità di quanto accaduto, ma devo riconoscere che il turbamento suscitato da queste catastrofi naturali è di natura più intima, individuale, mentre i fatti di rosarno, così come le innumerevoli tragedie quotidiane che derivano dall’incoscienza umana, o peggio dalla mancanza di rispetto dei valori più elementari, provocano in me un risentimento e una rabbia assai diversi, che non scemano e che invadono le giornate senza rimedio sono sentimenti insurrezionisti (!) – vorrebbero cambiare i segni, le parole, i versi ma è davvero molto molto difficile trovare il modo per rendere migliore il mondo attraverso la pratica artistica ricordo una frase di hans haake, già pubblicata sul blog anni fa, letta in un libro che ora non riesco a identificare – circa il fatto che nessuna luminosa installazione potrà mai impedire a un poliziotto bianco di sparare a un nero ripenso ogni giorno a questa lapidaria sanzione di impotenza, pensando che forse l’espressione visiva dovrebbe seguire altre vie, e probabilmente non avere scopi tutto mi pare terribilmente frivolo al momento, così vacuo, debole e persino anti-culturale, dato che la cultura implica un fermento costruttivo, condiviso, importante – impone che si vada a incidere sull’andamento storico, sulle scelte fondamentali ho davvero la nausea di coloro che sui blog praticano la felicità come uno sport a trentadue denti – ne parlava anche qualcuno alla radio, giorni fa, e mi ha sollevata sapere che non sono l’unica a pensare che non si possa riempire un diario o un blog di che bello quanto sono felice forse ho frequentato internet senza cercare ciò che veramente mi appartiene, fermandomi nei luoghi sbagliati, foderandomi gli occhi con tutti quei colori, con tutte quelle decorazioni capaci di provocare prolungate quanto piacevoli anestesie la scuola nel frattempo procede, si tratta solo di due mesi ma si prospettano faticosi – non tanto per la materia, che gestisco senza alcuno sforzo, ma per le due ore quotidiane di viaggio e per l’abitudine ormai consolidata di vivere molte ore al giorno da sola, e in silenzio ieri il collegio docenti si svolgeva nella piccola aula magna che funge anche da biblioteca sulle cui pareti sono state sistemate le scaffalature metalliche che si trovavano nel vecchio liceo, tantissimi anni fa – appena entrata ho riconosciuto quei vecchi mobili spartani e il dorso di tanti libri che avevo letto da adolescente nei lunghi pomeriggi di segregazione domestica
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