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sdraiata sul molo audace con gli occhi chiusi il 18 ottobre aveva pensato
“questa estate è davvero meravigliosa”
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nel primo pomeriggio
faceva caldo
il paese trasformato
voragini spazio temporali (e vuoti di memoria)
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Quando dalle spalle mi sfilerai lo zaino
E’ troppo pesante, non lo puoi più portare
E con gesto deciso indicherai
Il luogo dell’approdo,
Cadrà neve d’agosto
Sarà sera
E lampada ai miei passi
Sarà la tua parola.
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Il vento ti farà ammalare
Vuole la tua trachea e i tuoi bronchi.
Continuerà a provarci ed alla fine
Vincerà lui.
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FRANCO BUFFONI
DIARIO:
corrispondenza delle ore – di luci e temperature
parole che non si conoscono e nemmeno si prevedono
cartoline liquide – allagano l’appartamento
dentro a luoghi estranei e quasi avversi
lei non è padrona delle stagioni
lei non è – padrona
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[ per i giovani figli ]
scende la sera
scende sempre più presto
perché l’estate finisce
e bussa l’autunno
l’autunno ha un cappello a forma di castagna
e dorme tra le montagne
l’autunno ricorda un bicchiere di vino
e ha odore di fuliggine
una stella cometa lo trascina altrove
quando cade la prima neve
file di scoiattoli battono i denti
sono la colonna sonora dell’inverno
che è una stagione coperta da stelle di ghiaccio
trasparente, silenziosa e senza giallo
cammina tra animali addormentati
e indossa una pelliccia di spilli
[ all’improvviso ]
il nero delle rondini smorza il suo candore
voli impazziti ricamano l’azzurra primavera
garriti rompono il silenzio e avvertono i bambini:
torna il tempo di giocare all’aperto!
sole sui pavimenti, oltre le tende
fino a quando la polvere si posa, sudata
la tavola si riempie di frutti colorati
e dopo pranzo arriva un caldo sonnolento
l’estate splende come una regina sempre giovane
la aspettano tutti – ricchi e poveri
belli e brutti – si scoprono e si tuffano
speranzosi che quest’anno durerà di più
magari durerà per sempre
l’estate che scioglie il mondo [ pensano ]
ma dietro l’angolo c’è sempre qualcuno
che vuole mangiare castagne …
.
FINE
.
è stato un periodo (come animarsi a chiamarla estate?) senza slanci, di azioni monotone e mediocri e di pallida creatività / il tempo atmosferico ha consentito rare capate in piscina, favorendo invece le penniche smisurate e i rimaneggiamenti dell’assetto domestico
si è persa per strada la capacità già scarsa di poetare, di percepire tra le pliche il linguaggio segreto delle cose / rimane un silenzio asciutto, spoglio, asintomatico e caparbio, un modo di andare a testa bassa senza più fare caso
in coda a questa stagione bislacca e poco gratificante è riuscita a vedere il mare, gioia lucente con un cielo senza nuvole
adesso non rimane che fare i conti con l’autunno, con il tran tran italiano, con la dimensione grigiastra e formale di questo nord-est ri-pieno di arie
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[canzone suggerita da untitled – unisce questo e quella)
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I
dicevano che era estate, ma forse si trattava di una bugia.
durante le lunghe giornate di nuvole e piova lei spostava i mobili, accatastava carte e cartacce, beveva litri di tè, piegava e ripiegava vestiti troppo leggeri, si rifugiava malinconica sotto a un plaid. immaginava la piscina vuota, le vasche coperte dai teli, gli ombrelloni accatastati e zuppi.
quell’estate si era travestita da autunno ed il suo travestimento risultava decisamente credibile.
II
ci hanno proprio rubato l’estate pensava.
la città con i negozi chiusi per ferie immersa in un’atmosfera ottobrina era surreale, mortificava il buon umore. gli alberi pencolanti sotto l’acqua, i prati fradici, il cielo scuro e la temperatura che disinvogliava a scoprirsi ricordavano l’autunno troppo da vicino.
rimaneva a guardare fuori dalle finestre della stanza in penombra.
privata – come la povera gente, come i vecchi, come gli esercenti, come tutti quelli che in un modo o nell’altro avevano aspettato il caldo ed il sole carichi di un entusiasmo bambino
III
il corpo è stanco di tale solitudine nuvolosa*
* il corpo reputa che l’estate sia un premio di consolazione, quasi la pretende
così si ammala sotto le nuvole
è il suo modo di piangere.
.
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il blog perde progressivamente il suo senso
nessuno si accorge dei silenzi prolungati allo stesso modo in cui la pubblicazione intensiva di materiali non procurerebbe alcun sommovimento o reazione.
la stagione procede con molta fatica, impegnata senza piacere in attività didattiche e inutili corsi di formazione / un senso del dovere che non sa decodificare la spinge ad avventurarsi in imprese estranee, apparentemente intenta a costruirsi una posizione più responsabile, in realtà pesce fuor d’acqua, boccheggiante e spaesata
mentre gli altri prendono appunti lei disegna, certo per sentirsi meno sola, e riconoscersi pallida-mente in quel senso di vaghezza frivola e in quell’irresponsabilità che la tiene ferma e non la fa crescere, ostinata a coltivare una personale inconsistenza: il margine infinitesimale tra lei e la rovina, tra l’assenza di stimoli e il dolore, tra spossatezza insonne e incubi, tutto si definisce sulla superficie sottile di una bolla, come un castello instabile che prima o poi necessariamente non può che rovinare su sè stesso, quando l’estetica e la congettura del mondo non potranno più bastare, come giocattoli di un’età sbagliata, frutto di sproporzione mentale e margine friabile del disadattamento.
non ricorda a lungo: i processi mentali, i nomi e le facce cadono nel dimenticatoio dopo un tempo breve / anaffezione del pensiero e dei sensi, slalom attraverso ombre di statue / forse sono le ombre delle ombre – ciò che rimane sotto forma di ragnatela
tutto sommato, la stanchezza rende questo tempo quasi dolciastro
lo sguardo di sua madre lo fa disperatamente dolce
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(questo era prima)
ho letto un libro che ri-suonava
non aveva pagine
non aveva argine
l’ho letto
e ri-letto
fino a quando
mi è sfuggito dalle mani
[dedicato alle definizioni grossolane di ciò che non è possibile definire / allo stupore maldestro che spesso provoca chi elude -volente o nolente- il senso comune] [nascono fragole, frutti segreti nell’inverno inoltrato – non se ne accorge nessuno]
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