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città borghesi e pallide
svaporate nel caldo
i ragazzi si riuniscono in cerchi
sotto i grandi alberi del parco

in campagna hanno cominciato a falciare il fieno da qualche giorno
oggi ho intravisto i primi covoni
in realtà non si chiamano più così, ma rotoballe
adesso per prepararli usano le macchine, mica il forcone

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parole / edoardo albinati + alfred de vigny

14.20 / corriera
adesso, appena libero dalle nubi, il sole scalda con impertinenza / le strade larghe del sabato pomeriggio, silenziose – il tu-tuu delle tortore tra i rami dei pini marittimi e una pacatezza rilasciata delle ore che si trasmette al corpo / le solite case, le panchine familiari, le strade note, amplificano l’aspetto domestico e anestetico della città in siesta /
ritorno, sedata da una stanchezza calma, stordita dalla vegetazione abbondante e rigonfia / ho pranzato con frutta e gelato seduta in un bar, nella grande piazza bianca che disperde le voci smorzandone gli spigoli /
il cielo, oltre le nubi sparse, è davvero molto azzurro

(220510)

240510 /
alcuni resti – fotografie, parole
colazioni a volte solitarie, altre condivise
e camminare – camminare
l’erba di rugiada imbeve gli stivali la mattina presto
ma quando torno a casa sono già tutti bianchi:
è la polvere della strada, come in un’altra epoca

camminare consente che i rumori scorrano all’indietro
trattengo solo alcuni frammenti, mentre osservo li intreccio nelle maglie del tempo
osservare ed ascoltare – non sempre in sintonia

poi, per molte ore, mi perdo di fronte al televisore acceso

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il tempo cambia repentinamente e bisogna uscire sempre con l’ombrello
ieri ha persino grandinato – era da molto che non indossavo gli stivali di gomma

poi si comincia a conoscersi e con la confidenza spuntano le prime discussioni di politica
rispetto ad anni addietro ho meno voglia di incaponirmi, di urlare
alla fin fine lascio ad ognuno le sue opinioni – i pensieri sono troppi, e pesano

in fondo, vivo senza vivere – guardando il mondo dal finestrino
il mondo che si svolge – come un tema
(anche la foto dell’arcoiris, dal finestrino)

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parole / franco arminio

frammenti / frane

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attraverso una terra che non mi parla – a cui non parlo.
separati in casa procediamo in direzioni disgiunte –
(mi sento meglio quando viaggio attraverso le sue campagne)

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nelle ore buche vago per i corridoi – uso il telefono per scattare alcune foto
mi serviranno per ricordare – una sanzione di noia ma anche di verita’

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continua a piovere a frammenti – fa freddo
verso sera si apre uno squarcio di sole, arancione come un tuorlo

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mi vengono in mente libri e parole – poi dimentico

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le frane – per via delle radici troppo deboli

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(parole – carlo levi)

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cantico dei campi (ho fotografato l’erba pelosa)
all’aprile (non ancora) liberato
poema della campagna (non) addomesticata

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ho fotografato l’erba pelosa
franata dopo una notte di pioggia

anarchia delle frane – che non convergono

le lotte di oggi, analogamente autistiche
non offrono uno spettacolo altrettanto affascinante

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la stagione si porta avanti
le piante gonfie di fiori stordiscono lo sguardo
ma finalmente la fioritura arriva alle narici
il caldo sparpaglia gli odori – l’ebbrezza cresce

l’autobus attraversa paesi immoti che paiono deserti
(paesi nel fantasma del pomeriggio)
immobili – dove la gente si nasconde
l’intensità neutra della luce imprime quella fissità di provincia
tutto è – precisamente indefinito – latente
vibra nei suoi margini – iperrealismo di campagna

vetrine e trattori

la colza in fiore – gialla come il sole
abbaglio smisurato dei campi coltivati
e una goccia
una goccia in bilico …

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[ essere capace – nell’aprile incerto tra sonnolenza e ardore – di smisurate anarchie ]

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grazie per i commenti e grazie anche a coloro che su flickr apprezzano i miei lavori
thanks for comments and also to those that apriciate my works on flickr

non conosco bene la ragione di certe stanchezze
la stagione contribuisce con i suoi sbalzi e le sue luci

dormirei sempre – ma il sonno mi rende inquieta, e più stanca
allora mi sento come un binario interrotto – fatico a riprendere il filo …

getting close by going far away
going far by staying here
to the kind of place
where loneliness ‘s travelling best
leaving ill and well alone
if all fails
all fails
let the clock strike upon this resting hour

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