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oggi solo campi / campi / campi
(e un albero biforcuto)
in viaggio ho potuto scorgere i primi papaveri

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la stagione dei fiori piano cedeva il passo a quella del verde selvaggio e arrogantemente profumato che occhieggiava intenso dai finestrini del treno / la sera prima già sapeva che la rugiada del mattino le avrebbe bagnato gli stivali fino alle caviglie, ma era contenta di poter ancora camminare a passo svelto per i sentieri che attraversano i bastioni, per poi imboccare le consuete strade perimetrali fino alla scuola 

ogni scorcio esprimeva familiarita’
erano vicine le ore dei sorrisi – le pregustava con delicatezza
e sarebbe tornata a casa stanca, fiaccata dallo spazio esageratamente bianco del cortile, con le guance cariche di parole gentili appese come ninnoli alla sua stanchezza


sadness is a blessing
poi ha capito, che per ottenere una crosta croccante deve infornare il pane a una temperatura decisa, più alta / non deve avere paura nemmeno quando preme il piede sull’acceleratore, ed ora in effetti l’automobile non le pare più una ferraglia ingovernabile / ha capito che non smetterà di sbagliare, che le ore saranno ancora e quasi sempre solitarie, che la sua pancia ricomincerà a gonfiarsi e che uscire dal circolo vizioso dei ritmi privati dell’irrequietezza sarà difficile e forse improbabile 

ugualmente si lascia trasportare dalla primavera, senza urgenza

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il pane, di kamut e orzo integrale







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dopo una qualche pausa
tempo di blog sospeso, pane soffice, vegetali sanguigni e assegni che arrivano da lontano

after a certain while
time of blog bugs,  soft bread,  bloody vegetables & faraway checks

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