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essere poeta non è certo cotonare le parole, portarle dal parrucchiere
piuttosto è cambiare il mondo attraverso la scrittura  mettendola al serivzio dei pensieri, dando loro la forma sostanziale – necessaria
sempre più spesso si dimentica che non è l’involucro ma la sostanza a scalfire lo stato delle cose
ciò non implica che la scrittura debba trattare esclusivamente di temi importanti, ma che esige disciplina, ricerca, sacrificio – non è il flusso incondizionato e grazioso di lemmi, virgole e sospiri che ricordano da vicino le esternazioni adolescenziali
quanti blog sono ormai saturi di versi e non contengono nemmeno una riga di scrittura!
per esempio, s’è mai visto nella storia un poeta che abbia scritto solo e soltanto poesie, trascurando di esercitare il suo talento e la sua intelligenza in tutte le espressioni che la scrittura contempla, inclusa quella dell’analisi storica?

a me pare troppo facile questo modo di far poesia: lasciare che la cose vadano da sè, senza un’utilità, né intima né tantomeno collettiva – senza (appunto) quello stato di necessità di cui parlo spesso e che sembra essere ormai molto raro in tutte le manifestazioni artistiche
è un modo di esprimersi che equivale alla superficialità del sentito dire, basato su argomentazioni mai approfondite che a malapena sfiorano il senso delle cose …
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il piccolo testo di rilke è a casa, dai miei
così stamattina ho pedalato fino alla biblioteca avvolta dalla prima nebbia per recuperare una copia

le parole che ho scelto sono così facilmente fraintendibili, l’ego le può trasformare nel loro esatto contrario

edera che piove su un muro come l*acqua in rigagnoli su un vetro
solo a tratti mi rendo conto di quanto poco basterebbe per reagire
l*impalpabile limite tra fare, giacere e disfare mi avvolge come un foglio
le parole si perdono –
—–senza arrivare all’altro
—–senza venir capite
– si sciolgono in polvere / vermiglia

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( all you need is a wall )



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ho cominciato questa estate disperata per una prigione che andava (e va) via via chiudendomisi intorno / poi ho scelto di reagire, di regalarmi attenzione e persino un viaggio /
so bene che ci saranno stagioni in cui questo non sarà (più) possibile, in cui le incombenze mi porteranno a vivere in modo meno felice / l’esilio penoso in questa misera città borghese è già un passo non indifferente in tale direzione e la mancanza di lavoro dovuta anche alla grave situazione politica (cui sempre troppo pochi sembrano far veramente caso) mi offrono una prospettiva affatto divertente /
ma oggi – leggendo su un paio di blog esternazioni lamentose da parte di ex combattenti in fase di ripiegamento senile (come chiamarle altrimenti?) mi sale una rabbia incontenibile nei confronti di chi non si sofferma abbastanza ad apprezzare le cose che ha a disposizione, fosse solo il privilegio quasi frivolo di abitare un luogo vicino al mare, o una città vivace e ricca di situazioni / una rabbia che annichilisce persino gli slanci affettivi – perché non vanno bene simili forme di cecità e di spreco, perché le intelligenze e le buone scritture servono, e questa è una considerazione quantomeno politica riferita al presente – più che mai

a volte mi sembra che stiamo gettando la rete (e finanche le nostre vite?) ai porci

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in merito alla chiusura del blog, ringrazio le voci isolate ma non secondarie di rose e fuchsia / so bene che la lingua inglese potrebbe forse attrarre e trattenere più visitatori, anche se dubito che si soffermerebbero a leggere (la maggioranza guarda le figure e se ne va, persino tra gli italiani)
ma la decisione di mantenere i post in italiano è stata voluta e ponderata – infatti è l’unica lingua in cui riesca pur minimamente a rendere i toni, le sfumature e le esattezze presunte dei pensieri – è l’idioma primario, quello di sempre, che vorrei poter migliorare anche attraverso l’esercizio quotidiano della scrittura pubblica
inoltre – ne ho parlato spesso quest’estate – pur essendo attratta dalle svariate e spesso imprevedibili ambiguità del linguaggio, credo anche nel passaggio onesto e chiaro di certi pensieri: comprensibile, politico, diretto () e vorrei liberarmi della tendenza alla semplificazione che implica spesso la traduzione anglofona – la parola è una responsabilità e un privilegio che non intendo abbandonare – pur non essendo quasi mai soddisfatta delle cose che scrivo e soprattutto di come le scrivo

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…e chissà mai cosa vede qualcuno che guarda questo blog con occhi che non sono i miei …

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08-103
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parole: sebastiano vassalli – musica: soap&skin

il gioco apparentemente scontato di riconoscersi nelle parole altrui
ripeterle / ripetersi

l’opera contemporanea non è (mai) originale –

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polaroid / saturazione del vissuto

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[ parole  –  georges perec ]

il sole taglia di sbieco la stanza
indora le pareti e gioca con le tende
è un sole radente, coperto da un tetto di nuvole scure
a volte anche il cielo ha un soffitto


0410-039

linea600

ps/ grazie a fuchsia per i commenti solidali

la rivoluzione – deve essere impeccabile
ognuno di noi disposto a morire anche senza aver visto
persino senza aver capito
succede, che le dita non siano del tutto consapevoli
di quello che accade al cuore

ma

è la coscienza di me – la mia dignità di persona
che non deve mai venir meno
la devo trovare in ogni altra me
in ogni faccia, in ogni cittadino
devo potermi rispecchiare serena
nelle mille facce del mio stato
della mia citta’
della mia famiglia

per questo la parola rivoluzione
è troppo grande per me
non sono (ancora) capace
di tenerla tutta nella bocca

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dotted

  1. amariana (in fuga)
  2. cucina
  3. bruno munari
  4. sweet movie

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0210-062
0210-066

linea600

luna:
la grossolanità non risiede nel giudizio specifico espresso in merito alla qualità del messaggio /
la tua è certamente una critica molto chiara
piuttosto si tratta di capire che il manifesto è solo una (possibile) conseguenza di qualcosa che accade ad altri livelli, ed è su questo che a parer mio sarebbe necessario applicare con maggior rigore la coscienza critica e un’opposizione fattuale