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i diari di kafka sempre nella borsa (anche a fare la spesa)

rivolgere la propria attenzione più in alto, oltre la propria misura individuale, sembra essere un’impresa che supera di molto le mie forze attuali / ogni pensiero cesella una qualche frivola minuzia personale, oppure si arrovella nella formulazione nostalgica di scenari impossibili, crogiolandosi nel dolore singolare della distanza e della perdita
non si tratta di immaginazione
non sono nemmeno scenografie, solo riproduzioni indefesse dell’impossibile

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alla fine – alla fine era un virus
ora il computer è tornato (quasi) a posto
una specie di ristrutturazione

(400 pixel potrebbe essere la misura ottimale)

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qualcuno va a riesumare un mio vecchio post
ne recupero un frammento per il blog

20032008

[io] il mio corpo lo lascio invecchiare, lascio anche disimpari la sua lingua, le sue regole / non c’è palestra o chirurgia che tenga – semplicemente un silenzio disattento, un disamore dovuto all’assenza di comprensione / in questo modo mi tengo in disparte dall’essere – ricomincio ogni volta in maniera minuta, trasparente, marginale / non mi sconvolgono mai abbastanza i suoi cedimenti, quanto invece mi terrorizza la progressiva e recidivante perdita degli ormeggi sentimentali ed intellettuali /

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immagine: juliao sarmento

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09012011 1347

la vocè è un pezzo di corpo?
fa parte del bagaglio fisico o rappresenta il limbo informe che mette in collegamento la materia con gli apparati più astratti dell’essere?.

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16012011 1134

la fatica di passare da qualcosa a qualche altra cosa, da bellezza a bellezza – c’è sempre un vuoto voraginoso nel mezzo, ogni volta un vuoto molto esteso e prolungato
l’esercizio di vita sarebbe quello di contrarre quelle estensioni del nulla, renderle inoffensive, nasconderle dietro le tende e dimenticarle

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(le foto sono del 2001)
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I

scrivere in terza persona conferiva un’aura romanzata al racconto e rappresentava una degenerazione narcisa, una debolezza che non la portava oltre e che anzi la infangava ancor più nei suoi vizi personali

II

il computer si era rotto
al pensiero di questo guaio non provava l’apprensione di un tempo e rimaneva passiva, seduta di fronte al vecchio portatile in balìa di una misera stecca di ram ormai fuori produzione – la macchina vetusta ignorava la parola gigabyte, era provvista dei requisiti minimi di sopravvivenza e le consentiva di rimanere in contatto con il mondo quel tanto che bastava, scaricare i messaggi e leggere i commenti recenti sulle sue pagine

pensava ai file, alle parole ed ai lavori digitali, alle musiche – i materiali del suo quotidiano abbandonati a se stessi su un disco attualmente inutilizzabile e che forse non avrebbe più ripreso a funzionare

III

aveva freddo e sonno e si sentiva sola
immaginava la città fuori come una steppa desolata immersa nel buio, dove si incrociavano solo poche vite, di tanto in tanto – sporadiche presenze con cui era possibile una minima interazione, un respiro vagamente condiviso
la maggior parte delle persone facevano per lei parte del paesaggio inanimato, anche se tale considerazione dell’esterno non implicava una scarsa considerazione delle loro qualità, solo una totale estraneità al suo mondo, una incompatibilità radicale con la sua visione esistenziale

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II

la gran parte di coloro che avrebbero potuto fornire una risposta erano già mancati, peraltro spesso in età avanzata – avevano fatto parte di un’altra epoca, di un altro mondo in cui le risposte esistevano ancora

adesso avrei voluto chiedergli se l’età dei lumi fosse rilevante, nel suo gioco delle corrispondenze, e quale fosse stato il ruolo della cristianità – del resto, le domande sorgevano sempre nel momento meno opportuno, forse per effetto di un meccanismo di fuga

stordita dal male, il pensiero si poggiava a casaccio sui ricordi recenti, producendo riflessioni incongrue – ero in balìa del paradosso e non potevo andare da nessuna parte – solo dormire, mangiare, oppure smettere

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dress 003-11 / the punishment

and when you’ve given all you had
and everything still turns out
bad, and all your secrets are your own
then you feel your heart beating
thrum-pum-pum-pum