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a vivere immersi ossessivamente (e più o meno infelicemente) nelle idee si finisce inevitabilmente per idealizzare anche cose che invece dovrebbero essere calate nel reale e contestualizzate, demistificate, sporcate / capita invece di questi tempi che ci si trovi sempre più spesso a rifugiarsi proprio nella speculazione solitaria, nella fantasticheria e nel sogno, per una realtà malaticcia (ma ha senso attribuirle qualsiasi appellativo?) che ci respinge e che non offre sufficienti occasioni di confronto e di azione / ci converte in una generazione senescente di sognatori infelici che si concentrano sulla portata di idee spesso bellissime ma sempre più scollate dalla struttura cangiante e imperfetta del mondo

 

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poladroid – particolari altrui



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02042008
… stamattina penso ancora al design, al fatto che non si producono oggetti dedicati alla gente, orientati realmente a migliorare la vita delle persone / penso che si producono oggetti quasi esclusivamente per poter essere venduti – probabilmente è questo il nocciolo della questione – [la scoperta dell’acqua calda!]
l’evoluzione non dovrebbe essere un percorso commerciale

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05032009
sempre più spesso mi viene da pensare all’urgenza di esser veri, di spiegare bene, umilmente e con fatica, ma senza porsi al centro della spiegazione, lasciando che ciò che scriviamo o disegnamo non ci appartenga, ma sia del tempo e sia della gente – che qualcuno vi si possa riconoscere e che respiri le parole o i segni, come fossero suoi

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less than silence, space bar

non è certo scrittura – spurghi piuttosto, piccole emissioni di materia verbale quasi solida,  per come è concentrata e inscalfibile
naturalmente non riesco a trarre beneficio da queste piccole concrezioni mute, anodine, che non si mescolano e non partoriscono,  supposte che entrano intere ed escono intere
ciò che non si scioglie in altro non esiste, mi viene da pensare

(successivamente immaginare le possibili forme di scioglimento, sgretolarsi tenero della materia durante minuti o millenni, provare ad organizzare una tassonomia della dissoluzione)

(altro…)

I

le bugie che (ci) raccontiamo
all I want to do is see you smile
frasi che suonano deliziosamente ma che non corrispondono a nessun tipo di verita’
piuttosto proiezioni di un universo parallelo
ciò che non siamo nè vogliamo e che impunemente dichiariamo

espressioni del fallimento

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II

non appartenere

nessun circolo
nessuna comunita’
nessun partito

essere privi di passioni / condivise

III

– il margine oltre il quale anche il decoro si sfilaccia
come quel maglione con i buchi

(la lingua si deforma, asservita allo smarrimento)

§

di passaggio
come un treno alla stazione
o come un lampo

solo apparentemente seduto – invece eri già fuori
correvi (disperato) dentro i margini del tuo diluvio
dentro il prolasso macabro e maleodorante delle giornate



IV

qualcuno non viene più a visitarti
devono lavorare
ci sono interi scenari merceologici da allestire
non hanno (più) tempo per le confidenze sussurrate
e non commercializzabili

la radio pronuncia le stesse parole proprio mentre le scrivi
parlano di scene remote, preistoriche – senza vetrine

sollevata all’idea che non sono una vetrinista
ma forse sono in vetrina – senza saperlo

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ancora kafka
e per cena insalata di arance con olive piccanti

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[ now you’re flying with me
we can take it easy for a while
cruising far above the clouds
all I want to do is see you smile
]

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… nostalgia








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è ancora inverno però le giornate si fanno progressivamente più lunghe e luminose – ma l’appartamento, indifferente al transitare delle stagioni, conserva un’aura gelida, come un brivido sotterraneo

un coacervo di tracce
le permanenze materiali sfottono il disintegrarsi recente delle relazioni umane

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per dar sfogo all’irrequietezza sto facendo ordine tra i libri
il risultato (spero transitorio) è un maggior senso di disorientamento e confusione – gli scaffali mi sono improvvisamente estranei,  il che provoca un panico lieve che cerco di evitare rivolgendo le spalle alla libreria e provando a concentrarmi sul monitor …

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poi ascolto musica – varie ore ogni giorno
unica azione che (forse) mi distoglie dall’accidia

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kafka nel blog

cerco da giorni un frammento sul colore che accompagni alcune foto ma non sono riuscita a trovare qualcosa che corrisponda alle mie sensazioni – vorrei parlare del colore domestico, attivato dalla luce del sole che fa brillare le superfici policrome e rende intensi gli oggetti variopinti: due contenitori ermetici in pasta di vetro coperti di pois, un vecchio festone di carta, le maniglie dei cassetti, alcuni lavori prodotti negli anni passati
tutto questo ricorda un luna park, un parco-giochi in miniatura nascosto tra gli arredi che fa capolino nei giorni di sole

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parole / david bachelor