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ho le ginocchia poggiate sull’asfalto
bruciano come cerini
le ascolto consumarsi durante il viaggio:
————-un attrezzo temporaneo
————-una parentesi tra le ripetizioni
…
l’albero ha una porta invernale
la sua cima è lontana
dalle nostre malizie commerciali:
incide un solco nel soffitto del giorno
autoritratto riesumato / ancora valido
radio: domenica in concerto / bela bartòk – quartetto
non riesco a capire l’origine della mia forma / come e per quali cause sia arrivata sin qui, ad essere come sono, a sapere – o non sapere – quel che so e non so /
non intuisco la differenza specifica ed effettuale tra l’essere cresciuta in una certa famiglia, od un’altra differente, più aperta, più colta, più povera oppure più simpatica / né sono in grado di stabilire le mie responsabilità rispetto a tale processo di formazione
percepisco vagamente la mia forma, consapevole di mitizzarne molti aspetti – ma non so dire da dove e come mai / non so perché, ancora molto giovane, quando altri si rifugiavano nelle musiche generazionali, nelle canne e nei testi rivoluzionari, mi immergevo senza criterio tra montagne di libri altri, convinta che quello fosse il mio unico riscatto possibile / qualcosa dentro cui nessuno avrebbe potuto entrare se non fossi stata consenziente, la conoscenza, estraneo alla famiglia e soprattutto che superava la famiglia / (altro…)
che cosa rende viaggio un viaggio?
quanti metri devo percorrere per poter dire di aver davvero viaggiato? quanti passi fanno un viaggio? è viaggio il mio dal bagno alla cucina, da casa all’ufficio postale, da qui a lì, oppure come minimo fino laggiù?
è viaggio se vado a piedi, oppure servono un treno, un’automobile, una nave, per fare un viaggio? servono le ruote, le autostrade, i ponti, i deserti attraversati a dorso di cammello?
e quante ore devono trascorrere tra la partenza e l’arrivo? quanto: un minuto, un’ora, molte ore? dev’essere lungo abbastanza da poter leggere almeno dieci pagine di un libro, bastano cinque, oppure un giornale intero?
è viaggio quello di un quaderno dentro la borsa per tutto il giorno, attraversando stanze, autobus negozi e giardini? gli oggetti viaggiano?
quante facce si devono vedere per poter definire viaggio un certo percorso? quanti sguardi dovrò incrociare per poter affermare di aver viaggiato? quante storie dovrò intersecare, scorgere, o solo sfiorare?
quante case, o ponti, quanti alberi devo contare, quante biciclette, quanti motorini?
e quanti morti?
è viaggio perché sono curiosa
anche se dura poco, anche se è solo dal tavolo alla finestra per guardare fuori e cogliere i viaggi di altri e le loro storie
è viaggio perché ti cambia di posizione e vedi le cose da un altro angolo; perché consumi calorie, tempo, sguardo
perché ti metti il cappotto e perché alla fine lo togli
è viaggio perché sono sospesa tra un prima e un dopo, perché galleggio e perché imparo
è viaggio: quando arrivo non sono più uguale a quando ero partita
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più di una volta sul blog mi sono soffermata su quella frase di michel de montaigne con cui sancisce la sua distanza da qualsiasi atteggiamento di compiacenza, trovando più adatte alla formazione del carattere e delle idee le opinioni ruvide e contrastanti dei detrattori
questo pensando a come mi sforzi nelle poche righe e nelle immagini che ultimamente pubblico di evitare ogni forma di frettolosità e di approssimazione, scegliendo le frasi o le fotografie che trovano una corrispondenza con ciò che sento ed osservo e trovando a volte nelle risposte qualcosa che va a disperdere tale sforzo, o mi lascia perplessa per la capacità di chiudere tutto in un complimento o dentro parole scollegate, in virtù forse di un entusiasmo compiaciuto o compiacente che porta il discorso su un piano irreale e privo di sbocco
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{ satura }
piove ancora – piove di nuovo
piove dentro la pioggia del giorno prima
moto acqueo di riempimento del già pieno
la luce sa di pioggia anche con le tende abbassate
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