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il fatto è che probabilmente le persone vogliono vedere immagini di belle case e vestiti graziosi – leggere parole allegre, pensieri minimi come didascalie, accondiscendenti / vogliono piatti grondanti cibi sfiziosi, sapienti sfocature, residenze glassate e paesaggi che tolgono il fiato / vogliono leggere di vite straordinarie – cercano spunti per il loro guardaroba e per arredare il salotto
anche la banalità deve sembrare elegante, ben ombreggiata, servita con un contorno di verdure fresche, magari …

io non sono capace né voglio proporre niente di tutto ciò

la mia vita è spesso noiosa e si svolge in una periferia qualunque e priva di particolari attrattive di una città mediocre / abito una casa semplice e molto disordinata, e presto poca attenzione all’arredamento e sempre meno anche al vestiario / mi affeziono alle cose, lascio che mi invecchino intorno e addosso, come pelli gregarie, o protesi – mi stanno a cuore il benessere delle persone, la giustizia politica, la cultura
amo perdermi nell’ozio di ore lunghe e vuote ma so che è un’attitudine intraducibile, una sorta di assenza personale che non provo nemmeno a raccontare

questa mia vita è tradotta nel blog sotto forma di immagini spesso ripetitive e frammenti che si incollano a un calendario intimo – parole, musiche, presenze, ephemera … una perenne idiosincrasia nei confronti degli ornamenti e dei vezzi borghesi e un’incorreggibile antipatia nei confronti di chi fa le cose meglio di me

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le foto invece, scattate mercoledì in occasione di una visita a casa dei miei (con passaggio in ospedale)

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ho cominciato questa estate disperata per una prigione che andava (e va) via via chiudendomisi intorno / poi ho scelto di reagire, di regalarmi attenzione e persino un viaggio /
so bene che ci saranno stagioni in cui questo non sarà (più) possibile, in cui le incombenze mi porteranno a vivere in modo meno felice / l’esilio penoso in questa misera città borghese è già un passo non indifferente in tale direzione e la mancanza di lavoro dovuta anche alla grave situazione politica (cui sempre troppo pochi sembrano far veramente caso) mi offrono una prospettiva affatto divertente /
ma oggi – leggendo su un paio di blog esternazioni lamentose da parte di ex combattenti in fase di ripiegamento senile (come chiamarle altrimenti?) mi sale una rabbia incontenibile nei confronti di chi non si sofferma abbastanza ad apprezzare le cose che ha a disposizione, fosse solo il privilegio quasi frivolo di abitare un luogo vicino al mare, o una città vivace e ricca di situazioni / una rabbia che annichilisce persino gli slanci affettivi – perché non vanno bene simili forme di cecità e di spreco, perché le intelligenze e le buone scritture servono, e questa è una considerazione quantomeno politica riferita al presente – più che mai

a volte mi sembra che stiamo gettando la rete (e finanche le nostre vite?) ai porci

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in merito alla chiusura del blog, ringrazio le voci isolate ma non secondarie di rose e fuchsia / so bene che la lingua inglese potrebbe forse attrarre e trattenere più visitatori, anche se dubito che si soffermerebbero a leggere (la maggioranza guarda le figure e se ne va, persino tra gli italiani)
ma la decisione di mantenere i post in italiano è stata voluta e ponderata – infatti è l’unica lingua in cui riesca pur minimamente a rendere i toni, le sfumature e le esattezze presunte dei pensieri – è l’idioma primario, quello di sempre, che vorrei poter migliorare anche attraverso l’esercizio quotidiano della scrittura pubblica
inoltre – ne ho parlato spesso quest’estate – pur essendo attratta dalle svariate e spesso imprevedibili ambiguità del linguaggio, credo anche nel passaggio onesto e chiaro di certi pensieri: comprensibile, politico, diretto () e vorrei liberarmi della tendenza alla semplificazione che implica spesso la traduzione anglofona – la parola è una responsabilità e un privilegio che non intendo abbandonare – pur non essendo quasi mai soddisfatta delle cose che scrivo e soprattutto di come le scrivo

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…e chissà mai cosa vede qualcuno che guarda questo blog con occhi che non sono i miei …

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parole: sebastiano vassalli – musica: soap&skin

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(ha cominciato a scrivere i suoi diari in terza persona)

stanca degli oggetti, di collezionarli nella memoria
come se il mondo fosse un grande museo di cose graziose
e non un mappamondo politico ancora sconosciuto /
la responsabilità di intendere il dolore dell’uomo
la supera sempre di una minima distanza – è un miraggio penoso

qualcuno suona – vive la dimensione complessa della strada
trovando nell’anarchia una risposta che lei reputa semplificatoria
perché sente il richiamo controverso delle regole complesse
il verso umano e sofferente dei grandi numeri
delle smisurate uguaglianze che le gonfiano il cuore

ancora immagini dal fine settimana

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è stato un fine settimana di pioggia e sole alterni e imprevedibili
dormito moltissimo e taciuto e scritto – mal di testa e pasti frugali

ho anche  disegnato grandi zanzare per una mostra futura …

da questo libro (recensito su alias della scrosa settimana) una visione del sud stranamente collimante con alcuni ricordi che mi hanno seguita fino a casa

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parole: giorgio vasta

01.08

pensare a una serie di disegni più specificamente legati all’uso delle parole, ai dizionari, alla responsabilità tutta politica di garantire la comprensione dei pensieri (e dunque la loro trasmissione) / l’ignoranza è un alibi, nella maggioranza dei casi – un rifugio sicuro, lontano dall’incertezza del dubbio che assale il saggio e non l’incosciente

smontare i precetti significa legittimarne la fragile sfaccettatura, l’assenza di sicurezze

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08-008

30.07
potrei mai abituarmi a questo paesaggio precario, irrisolto, selvaggio a volte com’è selvaggia la mafia? sembra di abitare un luogo appena uscito dalla guerra, dove tutti si arrangiano e lo stato è un’entità remota che neppure si è capaci di pronunciare

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sono piuttosto arrabbiata e frustrata per le mie foto
non credo di essere riuscita ad andare oltre al folklore
ed invece c’era così tanto – così tanto da cogliere e da trasportare …

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in spiaggia - nella radio ascolto voci a me incomprensibili che arrivano da grecia e albania

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è una faccenda complicata spiegare perché non ho trovato il salento particolarmente riposante /
sarà per via della questione meridionale, un fatto di coscienza, o per le cicale, oppure per altre svariate forme di ridondanza che mi impedivano di riposare l’animo / mi sentivo sempre sotto l’effetto di qualche fenomeno stupefacente e mai completamente al sicuro, nonostante il continuo generoso apporto delle persone, i loro consigli, i favori, i racconti fantasiosi od a volte invece solidi come la storia /
inoltre, situazione spinosa, era come se mi trovassi all’estero, in un paese remoto – addirittura in un altro tempo!

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forse capita, di fronte a ciò che si impone nella sua forte definizione / credo sia proprio tale forza a spaventarmi, un contesto talmente connotato da risultare incorruttibile (che in questo caso specifico potrebbe voler dire anche irrimediabilmente corrotto? … )
immagino sia normale per i turisti non aver a che fare spesso con le istituzioni locali durante le loro vacanze, ma la sensazione lasciatami da queste settimane è stata quella di uno stato atrofico, ridotto a moncherino, dimenticato o peggio, tirato in causa come pura teoria, quale facciata di un mondo completamente altro, antagonista e sotterraneo /

linea600

ci troviamo in un tipo di mondo dove l’esposizione personale è ancora impensabile, soprattutto da parte delle donne / non parlo certo di lecce, o delle famiglie borghesi dei centri maggiori / parlo del salento popolare, delle famiglie operaie o contadine, dei ceti medio-bassi che riempiono le campagne e abitano un territorio apparentemente urbanizzato ed in realtà contraddistinto dall’estetica del non finito, che incista la modernità dentro a contesti ancora molto antichi, non si capisce bene se per indolenza cronica o per cultura millenaria /

linea600

chissà che rabbia per qualcuno, sentir parlare in questo modo un forestiero, uno che viene da lontano / ma le sensazioni provate sono state così forti da non poterle frenare / quanto c’è di pregiudizio in questo?
ho cercato di partire dal territorio, dagli occhi, dall’esperienza personale / ho cercato ogni giorno di rimuovere tutto quanto appreso in precedenza in merito al sud ed agli sgradevoli luoghi comuni che tanti danno per scontati  / … è un percorso plausibile?
ciò che tento di spiegare è leggermente diverso, è il senso di insicurezza e di disagio che sopraggiunge con il semplice atto del guardare, dal camminare attraverso le città e osservare le campagne costellate di ruderi e popolate di cani randagi – dall’ascolto diretto delle voci, dei racconti /
si tratta forse di paura della miseria o della diversità culturale?
sono rientrata davvero con sollievo al nord operoso e solo apparentemente immacolato?
io questo nord non l’ho mai difeso, nè comincio a difenderlo ora – ma sono spaventata da una società che non si espone e che non prende coscienza dei propri margini, degli errori e della condizione reale /
e questa italia così distante nelle sue diverse regioni, così vicendevolmente straniera e incondivisa, mi coglie impreparata / spostarsi sul territorio non è qualcosa di facile, non si tratta di uno svago, almeno per me – diventa impegno politico e risveglia la necessità di un dialogo più intenso ed aperto tra nord e sud
niente di folkloristico …

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08-027-jelloun
parole: tahar ben jelloun