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la cosa che più mi inquieta di questa mia stagione è la quasi totale astensione da lettura e scrittura [ che se la seconda è persino un bene, la mancanza di pensieri altri nelle giornate causata dalla prima, alla lunga diventa una pericolosa rimozione del confronto e dei meccanismi capaci di attivare e rigenerare il proprio, di pensiero ]
è come se l’accumularsi delle incongruenze quotidiane, personali e del mondo, mi avesse condotta a questa afasia, un’accidia che ha origine proprio nel pensiero irrisolto-irrisolvibile e che si traduce in una stanchezza esasperata e oscura
vista la pochezza delle mie letture, dei migliori libri dell’anno passato non mi provo nemmeno a parlare, ma nel frattempo mi concedo almeno alla musica, provando ad ascoltare i consigli di chi ha compilato i bilanci più autorevoli di fine 2011 anche se raramente mi trovo in accordo con gli entusiasmi troppo accondiscendenti ed a volte poco credibili dei recensori, perchè se è vero che il rock è morto, persino il jazz ultimamente sopravvive quasi solo grazie a riesumazioni, utili a chi come me ne mastica poco, ma carenti di quegli elementi innovativi di cui avrebbe tanto bisogno la cultura
personalmente, è da questo disco che non rimango più con il fiato sospeso dall’emozione ascoltando un lavoro di produzione più recente (… era il lontano 2007!), ed anche se riconosco che ci sono alcuni prodotti discreti in circolazione, mancano praticamente del tutto i capolavori! *
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se qualcuno la pensa diversamente si faccia pure avanti: ogni smentita delle mie affermazioni che si traduca in una segnalazione concreta sarà più che gradita
quest’anno ho apprezzato pur senza salti di gioia alcune piacevoli ripetizioni del già sentito, variazioni sul tema di ciascuno, ottime riproposizioni, ma nulla di nuovo che mi togliesse il fiato o che si avvicinasse anche solo vagamente all’idea di capolavoro: segnalo comunque kafka in flight del resonance ensemble di ken vandermark, double demon di starlicker e l’ultimo sao paulo underground (e consiglio il disco in uscita dei bang on a can, disponibile per il libero download fino al 25 gennaio sul loro sito)
ps/
un disco di rock-elettronico interessante, pur se con una certa profusione di contaminazioni e compiacenze formali, è silver di charles-eric charrier, che merita un ascolto così come red barked tree dei wire con la copertina di kounellis
per supplire alle carenze della produzione attuale, illividita dalla scomparsa di altri due grandi della vecchia guardia, paul motian e sam rivers, ho attinto a piene mani dai capolavori del passato, avvicinandomi più spesso al free e scoprendo fortunosamente alcuni dischi che mi erano in precedenza del tutto sconosciuti (perchè stupirmi?) e che confortano il mio presente nell’attesa moderatamente ottimista che alle mie orecchie giungano altri suoni straordinari, i suoni del nuovo, sperando soprattutto che quei suoni saranno accompagnati da altrettanta civiltà, visto che le cose, qui come altrove, buttano parecchio male …
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2011:
starlicker – double demon / delmark
resonance ensemble – kafka in flight / not two
sao paulo underground – tres cabecas loucuras / cuneiform
charles-eric charrier – silver / experimedia
wire – red barked tree / pinkflag
tra i capolavori del passato:
luciano cilio – dell’universo assente / 2004 (1977)
max roach – we insist! max roach’s freedom now suite / 1960
mike westbrook orchestra – metropolis / 1971
art ensemble of chicago – a jackson in your house / 1969
evan parker – boustrophedon / ecm 2008
roscoe mitchell – composition / improvisation Nos. 1, 2 & 3 / ecm 2007
roscoe mitchell – duets with anthony braxton / 1978
leggo su un blog il titolo di un post:
20 album che mi hanno cambiato la vita
detesto queste liste perché non riesco mai a uscirne, mi arrovello a compilare elenchi in perenne revisione, e quasi 50 anni di musica da raccontare in 20 dischi sembrano davvero troppi – in ogni caso, mi dico, provarci non è la fine del mondo
ecco qua – tutta d’un fiato, senza pensarci troppo
in ordine sostanzialmente aleatorio
…e chissà quante cose mancheranno
(e chissà quante volte la riscrivo…)
01. edoardo bennato – io che non sono l’imperatore
02. ivan graziani – agnese dolce agnese
03. blind faith – blind faith
04. genesis – genesis live
05. brian eno – here come the warm jets
06. patti smith – easter
07. elvis costello – punch the clock
08. everything but the girl – eden
09. lucio battisti – anima latina
10. julian cope – peggy suicide
11. prince – around the world in a day
12. sergio caputo – un sabato italiano
14. joni mitchell – wild things run fast
14. cocteau twins – treasure
15. elvis costello – the juliet letters
16. fat boy slim – you’ve come a long way, baby
17. radiohead – ok computer
18. massive attack – mezzanine
19. beck – mutations
20. steve reich – music for 18 musicians
nota in calce:
I
il disco di bennato e quello di reich sono gli unici ad avere una posizione del tutto non casuale nella lista: il primo segna in qualche modo l’ingresso nell’adolescenza, gli albori della scelta autonoma rispetto al background familiare / music for eighteen musician sancisce invece l’ingresso – probabilmente più consapevole e definitivo – in una fase in cui l’ascolto si è fatto approfondito e mirato, le scelte maggiormente escludenti
II
va motivato il fatto che in questa lista non compaiano dischi di musica classica, contemporanea o jazz, eccettuato al nr 20: probabilmente, se non avessi separato i diversi ambiti della mia formazione (che si sono amalgamati solo dopo la fase “steve reich” della consapevolezza), difficilmente sarei arrivata in fondo
… ma a voi che importa di tutto questo?
03.02.2012
eggià … avevo dimenticato joe jackson …
La scala d’accesso non era alta. Avevo contato i gradini mille volte, sia nel salire che nel discendere, ma il numero non l’ho piú presente, alla memoria. Non ho mai capito se si doveva dire uno col piede sulla strada, due con l’altro piede sul primo gradino, e cosí via, o se la strada non doveva entrare nel conto. Una volta in cima ai gradini, m’imbattevo nello stesso dilemma. Nell’altro senso, voglio dire dall’alto in basso, era letteralmente la stessa storia.
SAMUEL BECKETT
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l’inconsistenza piacevole del genere indie* ben incarna l’edonismo capillarmente diffuso che imbeve il tempo presente di molti, e la propensione a rifugiarsi in dimensioni estetiche più intime, basate su una forte componente individuale / |
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posto che ogni categoria implica inevitabili sbavature e sconfinamenti
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1rodger coleman ha un blog su cui pubblica articoli interessanti, buona musica e ottime playlist con gli ascolti della settimana che costituiscono per me un’imperdibile fonte di ispirazione / potete trovare anche le annotazioni in merito alla tipologia di ascolto > macchina o Ipod / . 2prendo esempio ed allego un piccolo elenco con le musiche dell’ultima settimana lloyd miller & the heliocentrics nel lettore mp3, dopo una lunga pausa, anche un po’ di doowop . 3lei invece, si è aperta una radio – detitolata ma geniale . 4… e il quintetto op. 44 di schumann, ne vogliamo parlare? . |
in questi giorni sto ascoltando un paio di uscite musicali recenti l’ultimo di ribot (silent movies) e saturn singsdel mary halvorson quintetdi averli visti suonare insieme (lui e lei) mi ero dimenticata fino a che non ho sbirciato la fotografia della halvorson, perché questa ragazza prodigio altri non è se non la seconda chitarra nel quartetto che ha portato a udine l’ottima riedizione di sun shipcurata appunto da marc ribotquesti due dischi sono piuttosto diversi: l’eclettico chitarrista ex lounge lizards (conosciuto tra le altre cose anche per le numerose collaborazioni con john zorn) qui si presenta come elegante solista (vagamente antologico), mentre l’enfant prodige occhialuta della chitarra d’avanguardia (con quell’aria tutta sua da prima della classe) si cimenta in un lavoro sperimentale che rieccheggia con molto stile le atmosfere di coltrane e sun ra, ma anche bill dixon (r.i.p) e mazurek dopo di lui eppure questi due lavori apparentemente distanti hanno un ritmo affine, una spina dorsale su cui poggiano strutture musicali affatto incompatibili – entrambi compatti ma al contempo variegati, eleganti, coerenti e di ottima misura – estremamente riconoscibile ribot, correttamente alla ricerca di un orizzonte silistico più evidente la halvorson, che qui riesce a superare un minimo disordine improvvisativo ancora presente nelle prove precedenti
qui una recensione più seria di saturn sings sono musiche che mi salvano dalla defaillance del gusto personale, solo apparentemente stemperato-si in quello di altri, ma che in realtà sperimenta la condivisione per un particolare gioco di coincidenze del tutto accidentale |