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inseguire faticosamente virgole e orologi che rotolano lungo le spalliere dei divani
prose lunghe di altre stagioni, ora frasi mozze come matite consumate
[ solitudine – a metà strada tra peso e sollievo ]
I
spògliati spògliati
il corpo non respira
II
(era gennaio)
le braccia (appese, come a una gruccia)
le maglie (sboccano lembi di carne)
le tempie instabili
le nocche tagliuzzate (si aprono simili a fiori)
la neve non caduta
le cartoline (occhieggiano dal disordine)
gli abiti persistenti della madre
mondo di voci senza corpi
di futuro già trapassato nelle mille visioni
[
le suppellettili rimangono – sospese a mezz’aria
poggiate su astanti immaginari
mormorano e bisbigliano – lieve sparpagliarsi
di sillabe mescolate a suoni senza lettere
[
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III
guardava con distanza invidiosa
chi sapeva – i giocolieri dell’ironia e del bel canto
volato via come scheggia impazzita
ha lasciato poche fotografie e un corpo invernale, sciupato, fragile
parole prigioniere incastonate nel ghiaccio
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osserva le ombre invecchiare
le ombre si fanno spettri e il loro parlare sempre più confuso
la musica non è consolazione ma compromesso permanente
tra lei e altri
tra i due mondi – la tregua – in cui non siamo