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«Tutti sappiamo- dice Danilo Dolci alle mamme di Partinico, nella prima pagina del suo nuovo libro – come è necessaria una scuola nuova.
Si potrebbe far crescere con le idee della gente, o senza le idee della gente. Siamo qui per domandarci quali sarebbero i consigli per questa scuola, come sognate una scuola per i bambini vostri, come la vorreste… ».

Le mamme, dapprima timide e disorientate, prendono via via coraggio a parlare, raramente interrotte da una domanda, dall’invito a precisare un concetto, da una sottolineatura.
Il Socrate che coordina il dialogo, lo pungola, lo alimenta discretamente di stimoli, non è il furbo stratega che guida i suoi Fedoni e Fedri e Critoni per una strada nota a lui solo, perché arrivino dove vuole lui: ha in mente una meta, la creazione di un nuovo centro educativo, ma non vuole precisarla senza il contributo «della gente»; ha esperienza e cultura, la sa ripartire alla pari con l’interlcutore più semplice, primo perché rispetta la sua esperienza e la cultura (magari analfabeta) di cui lo sa portatore, secondo perché pensa che la nuova istituzione avrà fondamenta più profonde se crescerà « con la gente » e farà crescere tutti coloro che ci lavoreranno.

6 luglio 1973
gianni rodari recensisce il libro di danilo dolci “chissà se i pesci piangono”
[continua qui]

sempre sul blog di giuseppe casarrubea: danilo dolci visto da carlo levi