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nascere e vivere qui invece non consente alcun riscatto, crescere nel cuore di una terra così chiusa su se stessa da togliere il respiro, soffocandoti con foglie di pannocchie e vecchi foulard usciti da qualche boutique costosa e conservatrice qualcuno si veste come fossimo a parigi – pretenziosamente per poter essere autenticamente diversa la città dovrebbe esplodere dal di dentro, rinnegare se stessa – questa terra dovrebbe rivoltare le sue zolle così profondamente da inghiottire tutte le ville e le villette che costellano il territorio, dovrebbe veder inabissare i suoi negozi costosi e allineati, le sue rassegne culturali senza una sbavatura, le mostre d’arte giovanilmente pacchiane, e sterminare le centinaia di uomini brizzolati con le stesse giacche inglesi e le loro macchine ingombranti, che all’ora dell’aperitivo ridono disinvolti credendo di essere al centro del mondo . 05112011 0820le strade allagate di genova – altri morti, auto distrutte, locali devastati ci sono stati dei morti bambini il territorio, l’abbiamo tradito, ed ora ci abbandona sempre più spesso alle inteperanze prive di proprozioni umane delgli elementi naturali / se la prendono nei denti i più fragili, gli innocenti ingenui che hanno creduto che le amministrazioni sapessero fare il loro lavoro, se la prendono nei denti i bambini morti, gli anziani che non riescono ad aggrapparsi ai pali della luce e scivolano deboli e lenti nel fango arrembante, se la prendono nei denti le famiglie che vedono andarsene in un fiome di melma i loro ricordi, le loro fotografie, le suppellettili, i vestiti e gli elettrodomestici, le banconote insieme ai cadaveri emergono dall’acqua gli spettri degli errori commessi, le conseguenze tragiche dell’avidità umana, dell’ignoranza e dell’indifferenza – ma sicuramente i nostri politici e gli imprenditori faranno finta di non vederli e continueranno a pensare ai loro profitti, ad affermare che in italia i ristoranti sono pieni e tutto va bene [gli altri italiani, nel frattempo, pensano al costume di halloween o alla partita di calcio …] |
1 in questi giorni ascolto poca musica la tensione mi riduce al silenzio così niente scalette provo piuttosto ad organizzarmi l’ennesimo portfolio riscrivo il curriculum, spedisco mail a destra e sinistra routine della disoccupazione 2 3 4 5 |
I e soprattutto c’è un problema se chi scrive tutto questo è un docente di composizione architettonica al politecnico di milano ebbene, questo post invece lo scrive una laureata in architettura attualmente senza occupazione che riflette su come le nostre università sprechino i pochi soldi a loro disposizione per assumere persone prive di talento analitico e probabilmente, se tanto mi dà tanto, anche didattico + II ho in mente le grandi architetture disseminate sul nostro pianeta, quelle che non ho avuto modo di vedere se non in foto e quelle che fortunantamente ho visitato di persona – le penso umilate da un mondo che non è più in grado di riconoscerne il valore / e mi viene da piangere
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ho pensato a lungo alle sensazioni che mi ha lasciato la giornata dello sciopero, l’ennesimo scontro con un tasso di partecipazione e coinvolgimento molto scarso, le discussioni con elettori pericolosamente imbrigliati in vecchi slogan e vetuste abitudini, di cui però sempre mi colpisce la pervicace perseveranza, la capacità di non demordere, nella lotta come nelle proprie più ottuse convinzioni / una perseveranza “buona e mala” dunque, a volte troppo simile a quella di un animale che tira il suo giogo senza girare la testa, altre carica di innocenza e generosità / ho visto ed ascoltato anche persone attive e re-attive, ricche di esperienze, coerenti, appassionate: che emozione! di fronte a loro i miei dubbi tremolanti e le titubanze di comodo si rivelano talmente astratti e poco significativi ai fini di una lotta sindacale e politica! solo capricciosi contorcimenti dell’intelletto che cerca le sue risposte borghesi prima ancora che quelle di tutti: timide scoregge, le definirebbe qualcuno / ma sono stati soprattutto alcuni commenti sul blog a provocare in me una forma di acuta e progressiva in-sofferenza, perché le mie aspettative nei confronti delle risorse della rete sono ancora irragionevolmente elevate / in fondo anche l’architettura non è più una missione sociale, si è dissociata progressivamente da quei presupposti di utilità e sostanzialità che in genere contraddistinguono il perseguimento di un bene comune, duraturo, e che garantisca un miglioramento sociale e il raggiungimento di un traguardo condiviso con altri / così da alcuni giorni si è acutizzato questo malessere dell’animo, e il senso di colpa per le incongruenze che separano il mio lavoro da quello che scrivo, che scindono la mia vita privata da quello che vedo intorno / il malessere di non riuscire a spiegarmi, quantomeno, se in risposta a immagini che pensavo parlassero da sole mi si chiede di pubblicare qualcosa di delicato, magari un autoritratto o un’interpretazione più accattivante, innovativa e formalmente rifinita della lotta di piazza / allora mi domando: ha davvero un aspetto intimista questa lotta? possiede qualche aspetto formale significativo una notizia come quella di stamattina, dell’operaio disoccupato che dopo un anno senza impiego si toglie la vita? personalmente l’unica sensazione limpida è il disgusto che provo nei confronti di chi gira la testa dall’altra parte, ed è una sensazione tutt’altro che delicata – e poi questa amarezza diffusa, che tinteggia gli oggetti di casa, il senso di colpa per non trovare uno sbocco possibile e utile a questi pensieri, che rimangono di carta e si polverizzano entro il perimetro fragile e insignificante del blog / ecco nero su bianco le giornate recenti, dove altre cose e altri segni si mescolano senza esito a queste riflessioni, dove la musica accompagna un malessere che non se ne va mai del tutto che poi è il mio malessere di precaria senza riferimenti, atterrata di mala voglia in una città di provincia che guarda con annoiata indifferenza alle lotte dei suoi operai / buon tramonto a tutti |
muoio soffocato da terroristi salafiti
prima ancora che si concluda la trattativa
muoio come uno sbaglio
in un appartamento di gaza city
con lo stomaco pieno di sangue
e la bocca impastata di domande
nel video il ragazzo ha paura e trema
stiamo guardando il video di un morto
la forchetta sospesa e il cibo che gocciola
noi che guardiamo il telegiornale – da così lontano
non sentiamo l’odore della morte –
ricominciamo a masticare quasi subito
[ vergognosamente (ancora) viva
eppure immobile nella mia taglia 42 ]
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less than silence, space bar non è certo scrittura – spurghi piuttosto, piccole emissioni di materia verbale quasi solida, per come è concentrata e inscalfibile (successivamente immaginare le possibili forme di scioglimento, sgretolarsi tenero della materia durante minuti o millenni, provare ad organizzare una tassonomia della dissoluzione) |
non posso scrivere
non vado a protestare sul ponte di caneva
non mi muovo e non parlo
ascolto la radio
sfoglio il giornale di due settimane fa
passo la mano sulla superficie domestica della mancanza
le foto diventeranno piccole
il quartiere si chiuderà sulla casa fino a mangiarla
del resto la città ha adottato con disinvoltura
standard apparentemente trasgressivi
trappole per idioti
nemmeno gli operai proteggono se stessi
nemmeno i malati
nemmeno le madri proteggono i loro figli
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