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un post del 2004 dedicato al rapporto tra l’arte e le persone |
Mathew Arnold, che fu (nonostante qui non si sappia, il che equivale semplicemente a dire che non si sa) uno dei grandi poeti del diciannovesimo secolo, definì, in una frase che divenne celebre, la nullità intima della civilizzazione puramente materiale: ‘A cosa ti serve un treno che ti porta in un quarto d’ora da Camberwell fino a Islington, se ti porta da una vita miserabile e stupida a Camberwell a una vita miserabile e stupida a Islington?’ In effetti, rappresentando appena delle facilitazioni funzionali a una vita che dovrebbe avere fini più alti, le conquiste materiali non significano nulla di per sè, se non quando dalle loro applicazioni realmente scaturisce qualcosa relativa a questi alti fini. Sulla natura di quegli alti fini possiamo opinare: per alcuni potrebbero essere semplicemente la grandezza nazionale (è un concetto limitato, ma è, per la maggioranza degli uomini, l’unica cosa che veramente li trascina fuori dal loro egoismo naturale, e così rende possibile che costoro facciano qualcosa in più rispetto al vegetare attivamente); per altri consisterebbero nella felicità umana (che è un concetto parimenti riduttivo, in quanto cani e gatti, se fossero capaci di concetti sociologici, non ne avrebbero un altro differente); per alcuni si tradurrebbero in determinati obiettivi religiosi; per altri (tra i quali io stesso mi includo) nella creazione di valori civilizzazionali – valori artistici, scientifici, filosofici – che servano da stimolo e da consolazione per gli uomini futuri. In sè stessa la civiltà materiale non è affatto una civilizzazione, ma semplicemente un perfezionamento. Migliorano le condizioni in cui gli uomini vivono; gli uomini possono o meno migliorare. È risaputo da tutti i sociologi che le condizioni climatiche estremamente benevole tendano a disturbare il progresso e la civilizzazione del popolo che ne è soggetto, per lo stesso motivo per cui non suscitano opposizione, facendo vivere la volontà, non producono difficoltà alla vita, destando l’emozione, non creano problemi di vita, svegliando l’intelligenza. Quando, poi, in opposizione a argomenti come quelli che da ogni parte – escludendo le parti democratiche e radicali che attaccano per una questione di fanatismo politico – si ergono contro il fascismo, si risponde con la regolarizzazione dell’orario dei treni, con il miglioramento del valore della lira, e, perfino, con la stabilizzazione dell’ordine pubblico (supponendo che la pace varsaviana sia un ordine), non si sta rispondendo con niente: ci si riferisce semplicemente ad una cosa differente e che non si attiene al caso. Uccidere, torturare, ingiuriare, non sono fenomeni necessariamente coinvolti nella produzione del buon funzionamento dei treni. Non è inconcepibile che si possa migliorare la lira senza bru. ciare biblioteche private e imporre sulla stampa una censura di carattere fisico. La medesima manutenzione dell’ordine […] . pubblicato nel n° 163 del jornal i / 12.11.2009 |