ITALIAN COUTURE CALENDAR Nr II * carry-me-everywhere * … in a couple of days will be in the shop
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Centro di Cultura Contemporanea Strozzina – Firenze
Giovedì 15 dicembre 2011, ore 18:30 – ingresso libero
Stefano Taccone
LECTURE / Dalla negazione dell’aura alla partecipazione costituente: il concetto di democrazia nel percorso di Hans Haacke
L’intervento propone un approfondimento sull’opera dell’artista tedesco-americano Hans Haacke, esempio importante per riflettere sul ruolo che l’arte può assumere quando diventa strumento di denuncia e di impegno sociale nel mondo contemporaneo.
Stefano Taccone propone un’analisi del lavoro di Haacke secondo una lettura che ricostruisce i legami del lavoro dell’artista con il concetto di democrazia in arte, dalle opere degli anni ’60 e ’70 alle critiche mosse al sistema dell’arte internazionale, fino a esempi più recenti come l’installazione Der Bevölkerung, realizzata nel 2000 presso il Parlamento tedesco.
Stefano Taccone è critico e curatore indipendente, studioso dei rapporti tra arte e politica, arte e attivismo, arte e sfera pubblica. Tra le pubblicazioni ricordiamo il recente Hans Haacke. Il contesto politico come materiale (2010). Collabora stabilmente con la rivista Segno e gestisce il blog cominciaadessoblog.blogspot.
no-word / for-now
as christmas is coming I am cooking lots of shortbreads
music – like a pair of old jeans
shop is growing
sales not so much
thank you to those who choosed my pieces
and thank you anyway for passing
tra qualche giorno chi abita o transita nella zona di carpi, potrà trovare le mie cartoline presso lo spazio meme, in confezione speciale, creata appositamente per la galleria
in a few days you can find (… and buy!) my postcards in carpi town, at the spazio meme gallery / in a special wrapping created expecially for the gallery
spazio meme
via G. Bruno 4
Carpi (Mo)
Orari di apertura:
da Lun a Dom 16 – 20
Sab 9.30 – 13 | 16 – 20
in questo periodo non posso concedermi spese che non siano strettamente necessarie e devo rinunciare a molti acquisti, siano essi piccoli capricci, lo sfizio di un caffè, oppure libri e dischi
questo libro di franco arminio era in cima ai desiderata dell’autunno, un’attesa più simile a uno standby, ma bob che aveva letto una breve annotazione su facebook in cui esprimevo il mio interesse, si è premurato di spedirmene una copia, con la scusa gentile del compleanno
insieme c’era anche il suo volumetto di versi “l’indegnità a succedere”
non mi ha sorpresa la qualità della scrittura poetica, pur ammantata di un particolare anacronismo estetico su cui peraltro abbiamo discorso in più occasioni
(tra l’altro: bellissimo il tono di blu opaco scelto per la copertina)
bravo bob – e grazie di cuore!
vago in cerca della fermata saf, dispersa nella semi-oscurità incerta di un sobborgo dell’area periurbana, tra autorimesse, capannoni e qualche tragica villetta frutto dell’immaginazione spoglia di un anonimo geometra di provincia – cancelli cemento e accenni di marciapiedi in ghiaia sul ciglio di percorsi sconnessi – all’improvviso ecco un grazioso ristorantino che vende prodotti naturali, tè e cibi macrobiotici, seminascosto in fondo a uno spiazzo, tra un’officina e un condominio (allora c’è vita, penso) – poi altri cancelli, villette, sprazzi minimi di campagna come buchi neri nel tramonto che muore
la corriera mi raccoglie fortunosamente, assai distante dal luogo prestabilito
anche l’interno dell’automezzo è in penombra, c’è una luce che non consente di leggere ma che concilia una particolare forma di abbandono taciturno, sollecitata dalla stanchezza di fine giorno / infilo le cuffie, mi appoggio allo schienale di plastica e guardo il nulla a metà strada tra il crepuscolo di pianura, prosaicamente subissato dalle luci artificiali, e il riflesso della mia sagoma sul vetro
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questa musica mi accompagna per l’intero viaggio di ritorno attraverso il periurbano che comincia a vestirsi di luci per il natale vicino: un susseguirsi di attività commerciali volgarmente esibite, di ampi parcheggi senza posti liberi, insegne, vecchie costruzioni risalenti agli anni sessanta ormai in dismissione mentre edifici nuovissimi ed ancora vuoti mostrano controluce il loro scheletro di vetro e acciaio
scorrono capannoni chiusi per cessata attività e negozi le cui vetrine sono oscurate da fogli di plastica, aree di deposito ed ampi spiazzi di ricevimento centrati da fontane estinte – ogni tanto individuo le finestre accese di qualche infelice abitazione che sopravvive asfittica tra tutto quel ciarpame commerciale e lo smog del traffico ininterrotto della statale / è una delle tante las vegas di seconda mano che costellano le strade comunali di tutta la penisola – tristi, precarie, grondano concessionarie e centri commerciali, ipermercati e terreni di deposito
un territorio senza regole e senza stile – forse potrebbe essere dovunque
entrando in città aumenta il numero delle finestre accese, di quei minuscoli frammenti di sguardo posati sulle vite di altri: l’angolo di un letto a baldacchino con le tende bianche, un vecchio lampadario a gocce di vetro, un vaso di ciclamini controluce / siamo nel tardo pomeriggio, la corriera raccoglie le stanchezze variegate di chi torna dal lavoro – si assomigliano tutte, si rispettano – qualcuno riposa, qualcuno parla al telefono, piano / poi altre finestre, progressiva metamorfosi del panorama entrando nel perimetro cittadino – il brulicare del traffico urbano provoca un graduale risveglio dello sguardo alla mondanità, e un vago sollievo dell’animo, a lasciare indietro tutto quel ciarpame commerciale
non c’è un senso preciso in questi discorsi – sono luci e colori che addolciscono temporaneamente un panorama privo di chances: il blu quasi nero del cielo che a un certo punto si confonde con il rivestimento a quadrotti dell’insignificante edificio di gregotti al terminal nord, dove il centro commerciale è costellato da migliaia di piccole luci viola che sottolineano la prospettiva della grande curva che affaccia sul parcheggio; il colore dei fari delle auto, un incessante sfocato alternarsi di bianco giallo e rosso; e il carosello mediocre delle insegne di questa strip de noantri, che cresce e si rigenera oramai da quarant’anni e che ogni giorno diventa brutta, e continua a diventare brutta, tanto che uno si chiede qual’è il limite di questo disordine pacchiano di cartelli pubblicitari e capannoni, dei bagliori di carrozzerie sgargianti che si alternano senza mediazione agli angoli dove nell’ombra riposano vecchie lamiere e pile di mattoni – qual’è il limite di questa bruttezza legittimata per fini commerciali, oltre il quale un’amministrazione regionale decide che anche le periferie hanno diritto a una dignità estetica e sociale, che il paesaggio è di tutti e che ognuno di questi viaggi nel periurbano ci disabitua alla bellezza, ci addormenta l’interesse per il valore del territorio e ci fa dimenticare come erano belle le campagne friulane (e italiane) fino a dopo la guerra
un mondo basato sugli acquisti e sulla dimenticanza non va da nessuna parte
eppure sono giornate piene di sole
You will find me if you want me in the garden
unless it’s pouring down with rain
You will find me waiting through spring and summer
You will find me waiting waiting for the fall
You will find me waiting for the apples to riped
You will find me waiting for them to fall
You will find me by the banks of all four rivers
You will find me at the spring of conciousness
You will find me if you want me in the garden
unless it’s pouring down with rain