caldo: tutto si scioglie nell’indeterminatezza di un mondo senza spigoli

il corpo esonerato dai suoi doveri – infante viziato

i sogni ultimamente la disturbano – si agganciano quasi pedissequamente a quanto succede durante il giorno

ah! quei fiori dichiarati e poi sepolti

il vestito si arrampica, potrebbe superare ogni tipo di muro / ha polpacci asciutti e sottili – ci sono strisce catarifrangenti sulle spalle e un vago sentore di età / minuziosamente tecnologico e narcisista (come tutto ciò che arrampica?) è un vestito muscolare e riservato, si oppone alla velocità ma sfrutta il rapido affondo degli aghi delle macchine automatiche
hai sempre paura che dietro/dentro ci sia un vuoto che non sei capace di gestire

dolgono le parti stanche
si gonfiano e protestano senza rumore

 

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è uscito il programma della stazione!
lo trovate sul sito

dal 30 giugno al 15 luglio

accorrete numerosi!

 

 

I

si formano orecchie agli angoli delle pagine, pieghe ai margini di ogni cosa, e il corpo si riempie di polvere che si incista negli interstizi: entra dalle fessure, dai pori ma soprattutto dalla bocca che di tanto in tanto socchiude per respirare più agevolmente
la polvere origina spessi strati di broccato interni all’involucro, moquettature che la gonfiano e la ottundono – perverso processo di protezione esasperata che si accompagna all’abbrutimento
si chiede quale sia il limite oltre il quale proteggersi conduce all’immobilità o se proprio in questo risieda il fine preciso di ogni forma di protezione (restare uguali – ugualmente vivi)

oggi lei è un’orecchia all’angolo di una pagina – una macchia (di vernice blu) su un muro urbano – un tappeto di polvere che non si fa vedere e che rassomiglia agli strati di lana di vetro interposti fra interno ed esterno di un edificio

II

scrive mentre viaggia – lo fa quasi sempre
la sospensione tra prima e dopo implicita nel viaggio le consente una particolare concentrazione, un alibi: “il mentre in movimento pur essendo ferma” definisce una stanza immaginaria dove il pensiero si condensa con maggior facilità, tanto che a volte le capita di pensare che dovrebbe viaggiare tutto il giorno, ogni giorno – perché durante il viaggio si libera del peso delle cose, della famiglia, del lavoro scarso e inappagante, di una casa zeppa di chincaglierie inutili


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com’è evidente mi dedico al blog negli interstizi e cucino poco
le due cose vanno insieme perchè entrambe legate al tempo scarso
mi capita di scrivere invece durante i viaggi, pur se brevi (e brevi le note), ma sento di non dover più fare in modo che i miei pensieri confluiscano qui indiscriminatamente e irresponsabilmente, come succedeva anni fa;
il rapporto personale con questo spazio è cambiato e sta cambiando e mi aspetto sempre meno da voi che leggete – di conseguenza ho meno stilmoli a pubblicare, anche se ancora capita che arrivino riscontri imprevisti e graditi, persone che mi aiutano a percepire un margine di utilità, di condivisione attiva – e di costruzione
(grazie chiara)

ha piovuto, questo sì
sono perfino cadute grandini grosse come noci

ascolto spesso questo disco dei fire! con jim o’rourke
la musica metereologica del post invece è di toru takemitsu

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I
tempo nuvoloso e (io) sempre di corsa
non corro per diletto, solo per assecondare svariate forme di sopravvivenza

che cos’è la soglia per due che si amano? dice il poeta
questa invece è una soglia spalmata e vaga, taciturna e incombente, che sgrana i sorrisi a poco a poco / è l’ingresso ai giorni del congedo, vissuti sperimentando le modulazioni dell’apnea che è la condizione per cui nulla accade ma tutto è sul punto di accadere, tirocinio prolungato e denso sulla condizione umana

II
non resta che guardare
osservare le persone dal mio vetro neutro e poco felice
leopardiana(mente) pur se tecnologica e semovente

oggi ho visto un vecchio seduto fuori l’autostazione, con la pelle cucinata e un piccolo basco blu dal bordo rovesciato che ricordava un cappello da cuoco però di feltro

ho visto un punkabbestia seduto su una panchina di via leopardi con due cani addormentati ai suoi piedi

ho visto che ci sarà paolo nutini in concerto (e allora?)

ho visto anche una donna zingara con una lunga gonna fiorita fumare una sigaretta fuori da un cinema e una coppia di ragazzi parlare molto vicini, indifferenti al traffico della mattina che saturava un viale di udine nord

vedo (spesso) la mia faccia irregolare nello specchio che tenta di assomigliare ad altre facce, migliori o diverse – soprattutto diverse, declinazioni dell’altrove di cui scrivevo giorni fa

e tra poco vedrò un ospedale, vedrò una casa in disordine, un soggiorno famigliare e un frigorifero stanco pieno di ghiaccio e senza luce




m1305
incessante sovrapporsi delle stagioni di ognuno
questo è l’andare
questo è l’essere molti, e diversi

non ho acquisito il senso del tempo (la maturazione dei frutti)
non è facile come con la lingua, o con la geografia (i confini più evidenti tra due lingue diverse o due paesi) oppure con i colori (per quanto, le sfumature…)

essendo stata giovane mi sento ancora giovane
essendo stata bella mi sento ancora bella

mia nonna centenaria la mattina sistemava le perle intorno al collo davanti allo specchio (erano perle di plastica, due giri, probabilmente trovate su qualche giornale o su un banco del mercato) e passava un velo di polvere rosa sulle guance ancora liscie
è morta convinta di avere vent’anni
è morta mentre guardava le langhe fuori una finestra della carnia

stamattina la primavera è un grumo rappreso, fa freddo e piove a momenti
i petali contratti si aggrappano al ricordo di ieri, e stringono i denti

[
qual è la differenza tra stringere i denti e non pensare? a volte ho l’impressione che fintanto che avremo un po’ di cibo e qualche oggetto di svago, non riterremo necessario vivere politicamente, formarci delle idee, prendere posizione nei confronti dei soprusi o riflettere sulle possibili forme del comando e sulla natura ambigua di questa democrazia
quasi non ci fossero diritti da ribadire, ma solo un dispensario di beni cui si attinge persino distrattamente, servizi alle cui regole incostanti e dispari ci dobbiamo rassegnare
(intonacando il vuoto)
]