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cassiopea – non vorrei essere amica – di nessuno – ma solo progettare giocattoli sociali.
non vorrei nemmeno una cassetta delle lettere ma lettere nuove e mie.
(federica di blasio)

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la sua, da moltitudini di giorni e teatri, era una vita senza lettere

[ capisci che non sei adatta per sederti con certi uomini a sorseggiare l’aperitivo, per quello ci vogliono forse un’altra carrozzeria e la mente sgombra
te la prendi col tuo naso, con la sua forma sgraziata, ma sai che è un vezzo, per via dell’attitudine tragicomica: ti porta a teatralizzare, a trovare un focus paradossale su cui coagulare le diverse nuances dell’infelicità ]

[ mentre il mondo va a rotoli – il mondo geme e scricchiola in modo infernale, e capisci ancor di più che il naso non c’entra, nemmeno il tuo, sgraziato e solitario / il mondo va a rotoli, muore, urla, chiede pietà ad alta voce, e la tua mente non è sgombra, pur se cerca di sgomberarsi in tutte le maniere possibili e si affanna alla ricerca di una qualche forma saponosa e conciliante di sopravvivenza ]

lui le aveva detto (seduto di fronte, a una distanza siderale e rassicurante estesa come il vecchio tavolo bianco da laboratorio): “sei troppo idealista”
lei gli aveva risposto dicendo: “non voglio mica disegnare formiche tutta la vita”

[ ricordando questa scena hai bruciacchiato la brioscia
(anche la colazione andrebbe fatta a mente sgombra) ]

sul margine di una finitudine tra le tante, ha nostalgia di ciò che non esiste

avverte la mancanza di tutto quello che aveva idealizzato, da idealista – di tutte le costruzioni che l’avevano aiutata a sopportate l’intollerabile, l’arredamento, gli arredatori / sono scenografie che si sgretolano sul margine, un po’ troppo presto, come un’anestesia che finisce in anticipo mentre sei ancora sul tavolo operatorio / si polverizzano gli scenari che davano un senso al suo sforzo e che garantivano la fantasticheria e “pof!”, lei si sveglia: guarda il mondo, guarda l’arredamento, gira la testa e non trova la porta

sul tavolo un piccolo ammucchio di medicine e dispositivi medici che le hanno svuotato il portafoglio: niente è gratuito, nemmeno invecchiare

[ in questi giorni da più parti ti rivolgono discorsi sull’amore: “l’amore perfetto non esiste” – hai detto a uno – “resisti e persevera” – consigli ad un altro.
parli di qualcosa che è nebuloso e astratto, un ricordo più simile a una svista; probabilmente ti sei sbagliata, probabilmente hai strani anticorpi che ti congelano il sangue (e che rendono il tuo naso indesiderabile) ]


si calmava solo di fronte alla trasparenza dell’acqua, per qualche istante / ma era una calma vergognosa, perché il mondo gridava troppo forte


Charles Edward Haden 1937-2014 †

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l’inverno era finito ed anche la primavera
non le pareva verosimile di aver attraversato stanze tanto affollate

il suo sguardo sugli altri tendeva ad escludere il molteplice
era piuttosto una musica di note singole – poco rilevanti per il mondo:
catturavano la sua attenzione senza chiedere niente

andava – solidale e complice di quell’universo di figure in secondo piano

.

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cerca tra gli strati l’eleganza di un fiocco
povero fiocco di fettuccia che tiene insieme gli anni belli

.

 



 

era stata pasqua
era stato freddo
la pioggia ancora smorzava la primavera, ma non appena usciva il sole, si sentiva che non era più inverno

lei non aveva tempo e non aveva voglia
si soffiava il naso in continuazione, leggeva un poco e poi dormiva.
sull’autobus tirava fuori mazzi di fotocopie e rubava una frase qui e una là

ogni tanto pensava che nella vita avrebbe potuto studiare qualsiasi cosa, qualsiasi materia, perchè era l’atto di apprendere che la entusiasmava, in modo un po’ infantile, senza che avesse mai una meta precisa …


per il resto, giornate fuori moda
(wes anderson a parte)