Category Archives: sound

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rodger coleman ha un blog su cui pubblica articoli interessanti, buona musica e ottime playlist con gli ascolti della settimana che costituiscono per me un’imperdibile fonte di ispirazione / potete trovare anche le annotazioni in merito alla tipologia di ascolto > macchina o Ipod /
ma soprattutto: molti articoli sulla musica del grande sun ra (a cui rodger dedica spesso le sue domeniche) da cui attingo informazioni preziose – e più in generale una discreta sintonia con i miei ascolti recenti

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2

prendo esempio ed allego un piccolo elenco con le musiche dell’ultima settimana
ascolti e riascolti / pochi ma (quasi tutti) buoni

lloyd miller & the heliocentrics
jason adasiewicz – sun rooms
nicolas bernier – courant.air
carla bley – dinner music
radiohead – the king of limbs / (non sono arrivata in fondo)
sun ra – jazz in silhouette
sun ra – lanquidity
sun ra – solo recital al teatro la fenice (1977) / (bellissimo!)
mccoy tyner – extensions
kip hanrahan – tenderness
sharon jones & the dap-kings – 100 days 100 nights

nel lettore mp3, dopo una lunga pausa, anche un po’ di doowop

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3

lei invece, si è aperta una radio – detitolata ma geniale

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… e il quintetto op. 44 di schumann, ne vogliamo parlare?

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in questi giorni sto ascoltando un paio di uscite musicali recenti
l’ultimo di ribot (silent movies) e saturn singsdel mary halvorson quintetdi averli visti suonare insieme (lui e lei) mi ero dimenticata fino a che non ho sbirciato la fotografia della halvorson, perché questa ragazza prodigio altri non è se non la seconda chitarra nel quartetto che ha portato a udine l’ottima riedizione di sun shipcurata appunto da marc ribotquesti due dischi sono piuttosto diversi: l’eclettico chitarrista ex lounge lizards (conosciuto tra le altre cose anche per le numerose collaborazioni con john zorn) qui si presenta come elegante solista (vagamente antologico), mentre l’enfant prodige occhialuta della chitarra d’avanguardia (con quell’aria tutta sua da prima della classe) si cimenta in un lavoro sperimentale che rieccheggia con molto stile le atmosfere di coltrane e sun ra, ma anche bill dixon (r.i.p) e mazurek dopo di lui

eppure questi due lavori apparentemente distanti hanno un ritmo affine, una spina dorsale su cui poggiano strutture musicali affatto incompatibili – entrambi compatti ma al contempo variegati, eleganti, coerenti e di ottima misura – estremamente riconoscibile ribot, correttamente alla ricerca di un orizzonte silistico più evidente la halvorson, che qui riesce a superare un minimo disordine improvvisativo ancora presente nelle prove precedenti

  1. marc ribot  – delancey waltz
  2. mary halvorson quintet – right size too little

qui una recensione più seria di saturn sings

sono musiche che mi salvano dalla defaillance del gusto personale, solo apparentemente stemperato-si in quello di altri, ma che in realtà sperimenta la condivisione per un particolare gioco di coincidenze del tutto accidentale
niente di meglio che scegliere senza sapere di farlo, e poi riconoscere i parametri familiari di quello che avevamo già apprezzato e preferito in differenti circostanze
ribadire se stessi senza premeditazione …

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I

il primo sorriso dopo vari giorni è sorto spontaneo mentre durante la notte scorrevano le immagini di un documentario sui grandi pianisti del blues firmato clint eastwood
a un certo punto eastwood chiede a pinetop perkins (sono seduti entrambi al pianoforte) di suonargli un brano “alla pinetop” e l’arzillo vecchietto di colore (born 1913 – ndr) risponde che gli piacerebbe ma che no, da quando ha ricevuto una coltellata al braccio non suona proprio più come una volta!
(… e lo dice come se parlasse dell’artrosi o del gomito del tennista)
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II

nel frattempo, grazie a battiti scopro altre facce del blues, e durante l’intervista a dave soldier trasmessa qualche giorno fa ascolto una canzone dove il passato rauco e remoto della musica nera si mescola a sfumature metropolitane più vicine nel tempo  – la voce particolarissima che sembra di bambino è in realtà quella di lorette velvette, chitarrista e cantante dei the kropotkins, mentre quella da vecchio bluesman appartiene al violinista charlie burnham
(prima di guardare il video della performance dal vivo consiglio un ascolto alla cieca)
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the kropotkins
truckstop girls

You don’t know the darkness in my heart
summer days drain down in coffee grounds
read a cold destruction in my eyes
feel pealing thunder from the skies

and I rock and I roll
and I roll a big stone on your grave

Truckstop girl will paint her face and fire her grill and burns you off my mind
Heavy wind with heavy water now avoid the trooper’s daughter baby take your order any time

Truckstop girls

know every lie avoid her eyes and any driver here
Heavy wind with heavy water now keep your eyes on the quarter
watch it watch it watch me disappear

and I rock and I roll
and I roll a big stone on your grave

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time has turned into space and there will be no more time
SAMUEL BECKETT

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musica / morton feldman
piano / steffen schleiermacher
parole / art lange
immagine / piet mondrian – composition with grid IX – 1919


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(altro…)

allora abitavo una realtà incomprensibile, muta e incombente
i giorni accatastati e quelle strade di paese che davano sul nulla
se avessi accettato sarei diventata come loro,
avrei solo smesso di pensare e di volere
mi sarei sciolta in grumi di terra o trasformata in pannocchia

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