Category Archives: sfoghi

I
nel sogno il mostro indossava scarpe da donna con il mezzo tacco e la città poteva sembrare roma (o persino parigi) – una ville di soffitte, abbaini barocchi, e fantasmi

ma le sedie erano assommate ai bordi di una stretta strada di paese, come per una parata locale / giravo la testa e il mostro era lì, seduto alla mia sinistra a un paio di sedie da me, con le sue decolletèe in camoscio grigio che sbucavano dai  pantaloni di flanella insieme a un frammento di caviglie pelose

la sua momentanea indifferenza mi turbava più della consueta voracità, ma avevo altro a cui pensare perchè nel frattempo spettri invisibili e capricciosi mettevano in moto vecchi macchinari e spostavano oggetti in qualche soffitta polverosa di roma (o di parigi)

II
intanto i ricordi bruciano come scottature fresche, sono cartoline bollenti che non posso toccare senza provare qualche più o meno marcata forma di sofferenza

muore havel, “finisce” la guerra usa in iraq
cosa comincia?
cosa comincio?
come togliere certi mostri dai miei sogni (e perchè sono lì)?

e come lo pago l’affitto di gennaio?
“a natale regala un sorriso” – dice la banca
(forse perchè conosce il mio estratto conto)

III
pensare con i segni è (sempre più) difficile
questa indole(nza) taciturna prevede piuttosto il vuoto di pagine grigie
e tagli sottili …

[merricristmas? / fanculo]

.


you can find some new postcard sets in my etsy shop
this is the chromogenic set: five medium size cards each one of with one of my dresses printed in a different color tone, doubled with matching paper

en-joy

ci sono nuove cartoline nel negozio etsy
questo è il chromogenic set: cinque cartoline di misura media, ciascuna con uno dei miei paper-dresses in differenti toni di colore, doppiate in tinta

.


I
c’è un problema se una nota rivista di settore dedica un intero inserto al nuovo stadio della juventus elogiando il fatto che siano state rispettate tutte le esigenze funzionali ma senza mai menzionare quale sia il rapporto, più o meno riuscito, tra ciascuna di quelle funzioni e la forma strutturale e architettonica scelta per espletarle, parlando invece con tono quasi estatico di dettagli formali descritti come fossero capi d’abbigliamento, così che la copertura diventa un “guscio carenato” (quanti ce ne sono oramai in giro, di ‘sti gusci carenati?) “vestito in lamelle metalliche sfumando il bianconero di casa finemente contrappuntato dal tricolore” / c’è un problema se si elogia il fatto che arrivando a un’area terrazzata dello stadio si possa godere di una magnifica vista sul nuovo centro commerciale …

e soprattutto c’è un problema se chi scrive tutto questo è un docente di composizione architettonica al politecnico di milano

ebbene, questo post invece lo scrive una laureata in architettura attualmente senza occupazione che riflette su come le nostre università sprechino i pochi soldi a loro disposizione per assumere persone prive di talento analitico e probabilmente, se tanto mi dà tanto, anche didattico

+
… e c’è anche chi ha il coraggio di dire a bassa voce che il maxxi di roma non è poi così male, qualche amministratore ignorante perfino se ne vanta, petto in fuori e capelli unti, nei salotti dove girano i soldi insieme a occasioni ghiotte di nuovi incarichi / invece basterebbe il nome per capire che dietro la superficie di quel pachiderma realizzato con materiali indefinibili si nasconde qualcosa che non è neppure remotamente imparentato con l’architettura – semmai con la moda più commerciale e pacchiana, e con certe forme grottesche di edilizia del divertimento

II
leggo questa notizia e mi viene da piangere
penso a colui che forse è stato il più grande architetto del diciannovesimo secolo e l’animo diventa amargo, ammutolisce, va in polvere – perché la piega tragica assunta dalle cose e la sua palese irrimediabilità costringono a chiamare con il suo vero nome un pessimismo apparente che in realtà è realismo inoppugnabile

ho in mente le grandi architetture disseminate sul nostro pianeta, quelle che non ho avuto modo di vedere se non in foto e quelle che fortunantamente ho visitato di persona – le penso umilate da un mondo che non è più in grado di riconoscerne il valore /
penso a zaha hadid piena di soldi e di (vana)gloria
poi alla banca di adolf loos che adesso ospita un negozio “tutto a un euro”

e mi viene da piangere


ogni qual volta incrocio una donna che per qualche ragione suscita la mia insofferenza o un certo fastidio per via di un particolare comportamento, un atteggiamento o un modo di presentarsi, tendo a rimproverare me stessa, dicendomi che dovrei essere più solidale e prendere maggiormente le difese di chi appartiene al mio stesso genere, così spesso maltrattato e strumentalizzato

oggi arrivando in stazione ho messo sommariamente a fuoco una macchia umana piuttosto ingombrante e vistosa, un contrasto spiazzante di bianco fluorescente e marron castagna / avvicinandomi ho potuto vedere che si trattava di una ragazza s-vestita di bianco, pantaloni molto aderenti e un reggiseno di maglina che coprivano succintamente (e scomodamente, visto che era tutta un contorcersi a tirare e sollevare lembi e fascie) un corpo color cuoio, iper-abbronzato e costellato di piercing / su tutto troneggiava come un vistoso ciuffo di panna montata, una capigliatura grossolanamente ossigenata

mi sono ripetuta nuovamente: non essere troppo bacchettona, sii solidale con lei, e soprattutto: TOLLERANTE!
… merita davvero la mia tolleranza una donna che per farsi notare espone la sua “carne” come sul banco di un macellaio, per di più studiando a tavolino le strategie più pacchiane per raggiungere la massima visibilità? è questa che vogliamo chiamare emancipazione e libertà di espressione?
libertà di cosa, se ancora sentiamo il bisogno di esisbire la nostra “mercanzia” come si trattasse di un triste e volgare commercio? qual è il limite ambiguo tra essere libere di mostrare e mostrare per essere viste e considerate degne di attenzione? quale il confine tra libertà oggettiva e oggettuale?
siamo andate avanti oppure compiamo quotidianamente grandi patetici sforzi per rimanere indietro, ancora soggette alle più tristi regole non scritte del desiderio e dell’approvazione maschile di bassa lega, che ci vorrebbe il più svestite possibile e con molti attributi da consumare? (ma potremmo citare una serie quasi infinita di stereotipi maschili di cui subiamo l’influenza, alcuni all’apparenza perfino nobilitanti o gradevoli)

osservare quella ragazza mi fa capire che ancor oggi tralasciamo di pensare a quello che ci piace per concentrarci su quello che piace ad altri, realizzando le aspettative maschili ben prima delle nostre / peggio ancora, molte di noi smarrirscono il proprio gusto personale dentro una pozza di condizionamenti di cui ancora non ci siamo liberate, pregiudizi che continuano a imporci più o meno evidenti e grotteschi travestimenti, senza permetterci l’autentica libertà di tra-vestirci come di svestirci

cosa posso fare per cambiare la situazione? qual è il giusto atteggiamento di una donna nei confronti di un’altra donna che forse possiede meno anticorpi e si adegua inconsapevole a un mondo costruito intorno al desiderio maschile?

sono stanca, voglio rendere il mio corpo sottile e trasparente, voglio essere tutta occhi e intelligenza, cristallizzarmi in forma di un’idea; dalla mia immaterialità comincia una forma di riscatto della mia persona, della mia fragile vita tra uomini arroganti, osservando a distanza donne di cui non riesco a prendere le difese

.

do you read me?
do you hear me?

 

in questi giorni mi domandavo per l’ennesima volta se il lavoro creativo possa essere impermeabile a tal punto rispetto alle cose che succedono e che modificano significativamente la vita di tante persone / mi chiedo anche se i blog più creativi possano rimanere muti e impassibili, continuando a pubblicare piacevoli oggetti e spunti per abbellire le nostre vite senza usare il proprio successo come strumento di miglioramento sostanziale /
la cultura è sempre politica e mai indifferente
ma dov’è la cultura in tutto questo?
ciò che sconcerta è il flusso impassibile, che non traduce alcuna minima variazione rispetto a quello che succede fuori – nessun sussulto, turbamento, nessuna paura tradotta in pensieri o immagini / solo piacevoli foto di belle cene, tavolini graziosi, fiori e gradevoli segni che coprono il mondo come una tovaglia
vetrina dei propri lavori e della propria immagine per venderli meglio
impermeabile



these days I wondered if the most of creative work can be so impermeable to the point that things that happen and that change lives of many people are so transparent and irrelevant / I also wonder if the more creative and read blogs can remain silent and impassive, continuing to publish pleasant objects and ideas to beautify our lives, whitout using their success also to better world substantially through their communication /
culture is always political and never indifferent
… but where is culture in all of this?
what is disconcerting is the impassive flow, that does not translate any variation of tones and contents compared to what happens outside – no gasp, no anxiety, no fear translated into thoughts or images / just pretty pictures of fine dinings, nice tables, nice flowers and pleasant signs that cover the world as a tablecloth
just a window of our works and ourselves to sell them more

are you waterproof?

survey:
do you read me sometimes?
do you translate my words – sometimes?
… or you just look at the pictures?

 





music: kimmo pohjonen, samuli kosminen & kronos quartet – särmä
parole: don milani
ph: muliebre in paramenti ufficiali
parole: pasolini
 

 

 

 

 

nel corso degli anni varie riviste od altre iniziative editoriali italiane mi hanno contattata per chiedermi di pubblicare i miei lavori, o di utilizzarli in svariati modi all’interno di qualche pubblicazione / nessuno di loro si è mai posto la questione del pagamento: ti mandiamo qualche copia, dicevano al massimo, oppure nemmeno sollevavano la questione /
all’inizio accettavo perché mi sembrava lusinghiero il fatto che l’editoria si interessasse di quanto avevo realizzato, inoltre veder stampate le proprie cose è (quasi) sempre una soddisfazione / a un certo punto però, grazie alla diffusione transnazionale operata dalla rete, hanno comiciato a contattarmi anche società straniere, ed allora mi sono resa conto che quando le case editrici degli altri paesi richiedono qualcosa di tuo (non parliamo di editoria indipendente a budget zero o di webzine senza introiti pubblicitari), viene sempre offerto un corrispettivo in termini finanziari / si tratta di una considerazione diversa del lavoro creativo e della fatica spesa nella realizzazione delle opere, che qui da noi non trova la giusta considerazione (contando soprattutto sul fatto che, visti i tempi, se tu non vuoi darmi qualcosa da pubblicare gratis trovo qualcun altro che lo fa, pur di veder stampare il suo lavoro e poterlo inserire in un curriculum) / lo stesso vale per altre opere di ingegno, per la scrittura, ad esempio, o per la musica; come se il tempo che uno dedica a realizzare un articolo od a scrivere e suonare le proprie canzoni fosse ininfluente / è vero che molte iniziative culturali non ricevono sufficienti fondi ma in italia la scarsità di mezzi e la mancanza di etica nei confronti del lavoro creativo (e non solo di quello) non sono necessariamente due fenomeni correlati, e la giusta retribuzione di un lavoro non viene quasi mai considerata come un dovere morale da parte del cliente o di chi commissiona una qualsiasi opera /
ma la verità è che sono io a dover decidere se e quando lavorare gratis, e non me lo devono imporre o chiedere gli altri! e coloro che accettano per debolezza, senza pretendere quanto gli spetta, non fanno altro che screditare le diverse categorie preofessionali, facendo sì che sempre più committenti si sentano autorizzati a una svalutazione finanziaria del lavoro altrui, legittimando tariffe infime o persino le prestazioni gratuite /
svegliatevi italiani, è ora di pretendere di abitare un paese civile!

.

ascolto perplessa le considerazioni sul nucleare che in questi giorni fioccano in abbondanza sull’onda della tragica esperienza che sta attraversando il giappone / quasi tutti si esprimono in termini di produzione e si cercano freneticamente soluzioni che possano soddisfare le nostre attuali esigenze / ben pochi però si sono pronunciati in termini di spreco, dichiarando con chiarezza che se potessimo finalmente imparare a consumare meno energia, evitando le tante forme di irresponsabilità pubblica e privata, forse non ci sarebbe nemmeno l’esigenza di potenziare la rete produttiva

immagino quindi che le politiche di un governo serio (che aspira a migliorare il livello di civiltà del proprio paese), debbano essere rivolte a tutelare il consumo consapevole e non a promuovere quello irresponsabile / immagino tassazioni e sanzioni severe per le attività produttive e gli enti pubblici o privati che non osservano le norme più civili di utilizzo dell’energia e che non si dotano di impianti capaci di gestire gli sprechi / immagino un governo che aiuta le imprese che dimostrano buona volonta e responsabilità in tal senso e che promuove e finanzia seriamente la ricerca in ambito energetico / immagino uno stato che fa pagare molto cara l’acqua minerale in bottiglia e che invece potenzia gli impianti comunali e migliora la qualità dell’acqua pubblica

mi accorgo che molti di noi non vogliono capire veramente a cosa servano o dovrebbero servire le tasse e le imposte, e che il promesso alleggerimento fiscale non nasconde altro che una pericolosa e menefreghista deregulation, rivolta a permettere un utilizzo disgraziato delle risorse naturali, senza applicare alcuna strategia di tutela e rieducazione ambientale / molti di noi pensano solo a pagare di meno, non a pagare meglio
io invece immagino le tasse e le imposte come uno strumento dello stato per poter guidare i cittadini verso un sistema più seriamente organizzato, le immagino come uno strumento di comunicazione e di educazione a comportamenti più consapevoli / così, se consumo troppa acqua o troppa energia elettrica pagherò di più, se ne consumo di meno riceverò un incentivo; se la mia fabbrica è dotata di impianti altamente inquinanti, le imposte e i contributi saliranno alle stelle ed al contrario sarò premiato se mi doto di strutture che rispettano l’ambiente e favoriscono il recupero e il riciclo energetico
questo immagino quando penso alle imposte sul consumo: a uno strumento per crescere collettivamente, non per fare soldi sulle spalle dei più deboli e incentivare gli sprechi individuali

quando mi chiedono se sono a favore del nucleare immagino un paese dove le persone sono così responsabili da non aver bisogno di costruire nuove centrali, dove le persone usano i mezzi pubblici e pretendono che i mezzi pubblici ci siano e funzionino in maniera efficiente / immagino un paese che non sopprime i treni dei pendolari e cittadini che si organizzano per non utilizzare troppe automobili e che chiedono con decisione allo stato che offra loro quello che ci spetta di diritto, vale a dire una rete di servizi efficiente e soprattutto democratica
ma quando mi guardo in giro osservo i miei amici apparentemente progressisti che la mattina si muovono tutti in macchine individuali perché è più comodo (è non perché è strettamente necessario), osservo i loro rubinetti lasciati aperti senza criterio, le luci accese in ogni stanza, le bottiglie di acqua minerale dove basterebbe quella comunale – e nella mia testa eseguo semplici moltiplicazioni, moltiplico ogni singolo spreco per tanti milioni
i risultati non sono difficili da immaginare

siamo noi la prima centrale nucleare sul pianeta, la prima e più potente bomba ad orologeria e i nostri comportamenti si stanno rivelando ben più pericolosi di qualsiasi incidente al più potente dei reattori / siamo governati da pagliacci e siamo stati noi a votarli, pagliacci infami che spuntano da tutte le parti e che raccontano un sacco di pericolose stronzate
ugualmente continuo ad immaginare un paese popolato da cittadini consapevoli e determinati e uno stato capace di utilizzare i propri strumenti per cambiare le cose, per promuovere la civiltà ed al contrario contrastare il consumo incalzante e compulsivo di beni e risorse

immagino / immaginiamo energie