Category Archives: frammenti

e cosi ci conforta un accordo, che gentilmente ci chiude, plebeo:
la catastrofe è in mezzo, è nel cuore: ma ci sta recintata, arroccata
EDOARDO SANGUINETI – sequenza XIII (luciano berio)

.

I
cadeva nel pomeriggio
a volte era una caduta libera verso il fondo di un sonno cieco e sordo, altre si trattava di un viaggio inconcluso dove “qui” e “là” rimanevano luoghi amorfi e privi di senso

II
in tutte quelle facce continuava, nonostante l’ovvietà della sua condizione, a cercare qualche corrispondenza, ma la trovava piuttosto negli aspetti funzionali del vivere, nelle parti meccaniche dell’esistenza
lo spirito era esonerato da qualsiasi rispecchiamento

si era accorta con il passare degli anni che quel suo spirito un tempo capriccioso e ostinato aveva smesso di dibattersi, si era calmato, come alla fine di un processo di soffocamento / era giunta alla fase dell’apnea, in cui ogni stimolo, ogni sogno, ogni gesto disperato, si tratteneva e si consumava in sé stesso, senza rivelarsi

anche l’implosione del gusto e del piacere occorreva ormai a un livello che non atteneva alla percezione cosciente: a metà strada tra vivere e vegetare, aveva cominciato a non apprezzare più i piaceri graziosi che fondano il privilegio di un’esistenza piccolo borghese, perché temeva più di tutto l’abitudine che ne sarebbe conseguita, il graduale adattamento a una condizione banale, idonea al luogo privo di identità in cui si era stabilita
preferiva paradossalmente quel coma dei sensi e l’apatia radicale e sonnolenta, a un cedimento della soglia del piacere fino al contentarsi di un panorama che di fatto non l’avrebbe contenuta mai per intero: sarebbe stata come certi soggetti che nelle fotografie stanno mezzi dentro e mezzi fuori dall’inquadratura, per giunta mossi e in posizioni poco consone all’armonia dell’insieme

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(a queste soluzioni grafiche aveva già pensato serraglia )

I – 02062013
… in realtà è proprio come quando cammini per strada

eppure sembra blasfemo, questo alternarsi di pianti e ricette, di quisquilie fiori e croquette
altalena irrazionale di morti e di vivi
di vivi che sono più morti dei morti e di morti che sono più vivi dei vivi

1151
nessuno restituisce ogni forma di tempo
ma quello abusato e rubato mi obbliga a fare i conti con i buchi neri dell’irresolutezza

.

II – 070613
10.00
fiori di carta
luce superiore

distaccata come petalo perso
dal gruppo che chiacchera
ascolta lo speciale fruscìo dell’erba incustodita

infiniti invisibili fili selvaggi
le salvano la vita


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mia forma fragile, sei instabile e immobile:
sei tu, questo mio infranto frattale che ritorna e che trema
EDOARDO SANGUINETI – sequenza X (luciano berio)

 

 

essere (ancora) bambini

nel mondo perso dell’appartamento
i lividi sono macchie sul muro

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vedere

in ogni forma – una salvazione senza paradiso

 

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< hai davvero bisogno di tenere insieme questi fili? >
domandi adesso che sei sulla soglia

ti guardano
consapevoli di essere gli unici
e che tutti gli altri ti derideranno
o che nemmeno ti vedranno
poichè sei sgraziata e inconclusa
e non porti scrittura

tantomeno rechi la vittoria sulle cose morte
————il paesaggio che hai costruito è inefficace
————il paesaggio che prende forma in te
————è patetico


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I
2202
mentre guarda un vecchio film riconosce il tempo in cui gli oggetti erano onesti / oggi invece è estenuata dalla loro attuale disonestà, dall’aura mediocre che emana dai beni di nuova produzione, anche quelli più pretenziosi / lucidi ma privi di luce
oggetti incapaci di invecchiare con dignità / senza rughe

II
1802
rispecchiandosi negli illuminati coglieva la propria forma immobile che lievitava col passare degli anni sotto il peso di un’inesperienza recidivante da cui non si era mai liberata / pesante come una barca spiaggiata, goffa e spaventata – cucciolo costretto nell’involucro inadeguato di adulto

anche le stagioni invecchiavano con il passare degli anni, come fossero persone, ma non riservavano alcuna sorpresa / era colpa della città, di come stava cambiando e anche di come non cambiava
in quel luogo preciso il tempo non rappresentava una risorsa, piuttosto una particolare condanna all’immobilità, ma alla gente questo sembrava non preoccupare, anzi parevano gradire quel peculiare congelamento delle prospettive

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