Category Archives: diario



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dopo una qualche pausa
tempo di blog sospeso, pane soffice, vegetali sanguigni e assegni che arrivano da lontano

after a certain while
time of blog bugs,  soft bread,  bloody vegetables & faraway checks

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X

il week end porta buona musica
john coltrane  e un ensemble (nostalgia 77) di cui ignoravo l’esistenza: l’eleganza e la rotondità della loro musica (così come gli inserti vocali femminili che rieccheggiano fontella bass) ricordano per qualità ed estetica la cinematic orchestra, pur con uno slittamento considerevole verso il jazz
benedic lamdin tiene in piedi tutto questo con sapienza

( la canzone del post invece è altra e di altri – arriva dal lontano 1973 … )

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Y

quando ti appiccicano le mani e la pelle è così asciutta che sembra di carta
quando il sonno è fatto di tanti pezzetti ed ogni pezzetto è una piece teatrale piena di gente

[ qualcuno si ripiega fino a terra indossando i chili sopraggiunti con il passare degli anni, il grembo di una donna che ha figliato e gli improbabili polpacci più simili a quelli di una contadina russa ]

W

sono magra e mangio poco – ma non durerà molto
mangiare mi uccide più che digiunare eppure ultimamente ho sempre bisogno di tenere qualcosa nella bocca, qualcosa di calorico e confortante
chi mi assiste nel passare del tempo, di questo tempo insulso che arredo di piccoli gesti non certo privi di un loro intrinseco candore?
chi mi toglie il veleno di bocca con la lingua e si porta via tutto il fiato migliore?

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pane toscano quasi perfetto … e un regalo per un amico molto perfetto :-)
an almost perfect tuscan bread … and a present for a very perfect friend :-)

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[ 18.03.2011 – 0902 ]

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quale asciuttezza di parole, la luce è quella dopo la pioggia e le nuvole fioccano sulle montagne, disordinate e abbondanti, ancora incerte se sciogliersi al sole
questa metà di marzo vagamente invernale è un susseguirsi di piogge e pentole, giornate con molti scalini e le pance gonfie di uomini sconosciuti che riposano esposte come foche allo zoo, pance molli e tonde come zampogne che giacciono, oppure deambulano con lentezza / qualcuna di quelle buzze malamente coperta dal pigiama si tira dietro una flebo, strascicando piedi e pantofole lungo i corridoi / sono anfore silenziose nel tempo del transito

satura degli altri ho cominciato a chiudermi in un bozzolo di egoismo e guardo alle cose con penoso distacco – evito gli ascensori e i luoghi della sosta – disegno e cammino magramente
sto anche imparando a guidare
ingerire grassi mi fa sentire in colpa, così mi conquisto una posizione nella trasparenza, pur senza un tornaconto sentimentale: puro svanimento – supposizione di sopravvivenza esile e temporanea là dove la fuga è impraticabile

il mio ricambio quassù è meramente musicale, ma ho già nostalgia delle prose brevi, e del suo incedere sottile di mantide / non si dimentica niente a dire il vero, solo si mette da parte (come i vestiti e le coperte ai cambi di stagione), o si lascia che la polvere faccia il suo lavoro – con secolare pazienza

la risposta alla mia inquietudine è in quelle pance insipienti o sui loro volti rugosi e s.perduti nel perimetro di un televisore acceso, agganciato in alto, proprio dirimpetto ai letti appaiati
(non ricordo nemmeno se ho salutato)

ma sono ben consapevole che per ogni cosa esiste un’ultima volta in cui quella stessa cosa si rivela ed esiste – ogni parola pronunciata ha un ultimo suono, e da qualche parte si consolida un elenco di ultimità già date che non sono in grado di scongiurare o contraddicere, perché inevitabilmente ne ignoro il contenuto

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[ improvvisamente ]
tutto intorno questa cosa incredibile
che per giunta profuma

stordimento di petali – è primavera

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(certe mancanze, in questa luce, scavano un buco più grande)



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