Category Archives: diario

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una storia tra tante – forse vera, forse no

è un dato di fatto che siano poche (rispetto agli uomini) le donne che capiscono di jazz – e in genere, se le trovi ai concerti, è perché accompagnano non sempre di buon grado mariti o fidanzati
e se una donna si siede da sola in prima fila a un concerto di free le ragioni possono essere sostanzialmente due: ama il jazz oppure è la fidanzata di qualcuno sul palco

lei aveva la sottile -e forse impercettibile per i più ingenui- sicumera di chi accompagna in posizione privilegiata uno dei protagonisti della situazione
alta magra e piuttosto bella, con una fotografica compatta in mano e grosse collane, alla fine del primo concerto ha cambiato posizione defilandosi, perché probabilmente di fotografare parker o mcphee non le importava granchè

a chiusura di serata l’ho vista attraversare il corridoio a fianco del batterista (bravo e piuttosto fascinoso anche lui) – statuaria e indifferente, bella e torbidamente senza luce

viva il jazz


il concerto si è tenuto nell’auditorium della scuola media per via del maltempo /
la stessa scuola nella quale fui chiamata parecchi anni indietro per la mia prima supplenza / non la ricordo come un’esperienza positiva – anzi, per una serie di ragioni interne ed esterne alla vita didattica, si trattò di un periodo faticoso e psicologicamente debilitante

tornare è stato strano, ad ogni passaggio dello sguardo era come sollevare dei teli e ricordare, quasi fossero trascorsi solo pochi giorni / l’edificio era stato donato al comune dagli americani dopo il terremoto e così e rimasto, andando a sbiadire le sue lamiere / nel cavedio centrale adesso cresce l’erbaccia e c’è un’aria di abbandono che non dipende propriamente dalla chiusura estiva /

aspettando che arrivassero i musicisti ho approfittato dei vetri sporchi e opachi per scattare alcune immagini, all’ora in cui la luce si disperde velocemente, subito prima che faccia completamente buio

il concerto, bellissimo – ha riscattato in poche ore i mesi infelici vissuti là dentro e mi son sentita più libera – dai muri e dalle persone
sono più forte – ho pensato – e mi sono rivolta completamente alla musica

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al parco moretti
con il cesto da pic-nic
(e le cicale)soundtrack
luciano cilio
evan parker


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*
she:
how can I explain you how much I hate my body?
hate and eat – they go together
like die and diet are both in the same word

**
in certi momenti, in quei momenti di sogno, la nudità dell’uomo pareva sopportabile
anche la pelle eburnea e le sue proporzioni rivisitate
erano esclusi dalla trama il suo delirio asfissiante e la casa maleodorante

ugualmente – l’immagine sembrava una polaroid indie in cui si era insinuato un anziano

***
chi l’avrebbe mai detto che lei – così isterica – avrebbe trovato una personale forma di pace dentro a quei segni minuscoli, andando a sistemarne con pazienza l’assetto, indefinitamente e sempre senza fretta?

1804
con il passare del tempo i colori si erano trasformati nella sua estensione primaria – li recintavano linee sempre più sottili e complesse, intricate come rosai di un bauhaus immaginario

+

la quarta immagine dall’alto tratta dal libro di marina girardi – dalle tane
edizioni G.I.U.D.A – 2011

+
tarte-tatìn di albicocche
arricchita con mandorle sminuzzate e foglie di rosmarino


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la cucina ordinata nella penombra





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