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some new prints on fine art paper soon in the shop
the one in the picture below is the hang - a work of 2010

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03112011 1941

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l’altra sera in un film italiano ho riascoltato una vecchia canzone di patti smith: è stato così fulmineo il senso di familiarità, l’emozione di qualcosa che fu parte di un periodo molto intenso della mia adolescenza e che ha avvolto strettamente i miei sogni giovanili / con questa canzone in sottofondo sognavo ingenua  e romantica di incontrare l’uomo che avrei amato per tutta la vita
e sognavo di andare verso la pianura – e oltre l’oceano

ci assomigliamo credo, con la ragazza della canzone
anche la sua androginia emana particolari bagliori di femminilità – e una certa magrezza, i capelli spettinati, le poesie, me la rendono affine, ma nel modo rigoroso e distante con cui ci sentiamo attratti da una musa / lei rimane la musa dell’altro mondo, emersa da qualche luminoso loft di manhattan e circondata di movimento in bianco e nero




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nascere e vivere qui invece non consente alcun riscatto, crescere nel cuore di una terra così chiusa su se stessa da togliere il respiro, soffocandoti con foglie di pannocchie e vecchi foulard usciti da qualche boutique costosa e conservatrice

qualcuno si veste come fossimo a parigi – pretenziosamente
seduta in un bar all’aperto ho intravisto buffi calzini sfoggiati con boriosità, abiti destrutturati, borse inimmaginabili ed altri amenicoli costosi e improbabili, paradossalmente immersi nel magma “tutto regolare” di questa cittadina tristemente gradevole, dove niente è fuori posto e molti sono smaccatamente gentili per una mera questione di educazione, per non corrugare la facciata
quei dettagli eccentrici dell’abbigliamento stridono ridicoli, privi di ragioni interne, espressione del portafoglio e di uno snobismo superficiale e irragionevole /

per poter essere autenticamente diversa la città dovrebbe esplodere dal di dentro, rinnegare se stessa – questa terra dovrebbe rivoltare le sue zolle così profondamente da inghiottire tutte le ville e le villette che costellano il territorio, dovrebbe veder inabissare i suoi negozi costosi e allineati, le sue rassegne culturali senza una sbavatura, le mostre d’arte giovanilmente pacchiane, e sterminare le centinaia di uomini brizzolati con le stesse giacche inglesi e le loro macchine ingombranti, che all’ora dell’aperitivo ridono disinvolti credendo di essere al centro del mondo

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05112011 0820

le strade allagate di genova – altri morti, auto distrutte, locali devastati
la natura completa quello che l’uomo ha cominciato, avendo sfidato avidamente la logica ambientale per decenni

ci sono stati dei morti bambini
penso a cosa sia, afferrare un piccolo corpo bambino che galleggia nell’acqua fangosa, penso a quella consistenza gonfia, a metà strada tra la mia stessa consistenza e quella di una bambola di gomma / quel corpo fino a poco prima era una bambina di pochi mesi che ora naviga nel fango come un fagotto – quello è il fango dell’incuria umana che trae le logiche conseguenze, perché da molto tempo la cosa più importante è strappare profitto, ricavare denaro da ogni situazione ed a qualsiasi condizione
le nostre città sono cresciute male, senza sapienza, hanno sovrapposto alle grandi strutture del passato un coacervo infrastrutturale privo di equilibrio che non si raccorda armoniosamente con il contesto e con il territorio, che non rispetta e non tiene conto degli elementi naturali / l’importante è espandersi, appropriarsi di ogni metro cubo possibile, strappare un profitto al mare, alla sabbia, al legno
ogni elemento naturale diventa uno strumento per arricchirsi, e per speculare
ogni legge è complice di questo apparente arricchimento che si traduce concretamente in un irreversibile depauperamento delle risorse

il territorio, l’abbiamo tradito, ed ora ci abbandona sempre più spesso alle inteperanze prive di proprozioni umane delgli elementi naturali / se la prendono nei denti i più fragili, gli innocenti ingenui che hanno creduto che le amministrazioni sapessero fare il loro lavoro, se la prendono nei denti i bambini morti, gli anziani che non riescono ad aggrapparsi ai pali della luce e scivolano deboli e lenti nel fango arrembante, se la prendono nei denti le famiglie che vedono andarsene in un fiome di melma i loro ricordi, le loro fotografie, le suppellettili, i vestiti e gli elettrodomestici, le banconote
per-fino la vita

insieme ai cadaveri emergono dall’acqua gli spettri degli errori commessi, le conseguenze tragiche dell’avidità umana, dell’ignoranza e dell’indifferenza – ma sicuramente i nostri politici e gli imprenditori faranno finta di non vederli e continueranno a pensare ai loro profitti, ad affermare che in italia i ristoranti sono pieni e tutto va bene

[gli altri italiani, nel frattempo, pensano al costume di halloween o alla partita di calcio …]

ps/  la considerazione potevi pure lasciarla sul post

she is getting older

 



le giornate
composte di tante questioni
così diverse tra loro

a volte sembrano un mosaico impazzito

 




g.  1938-2011

†  lucian freud 1922-2011


canzoni che si vogliono bene 4 

emerse dalle nicchie accoglienti ma non compiacenti del rock d’oltre manica d’annata, queste due canzoni si fanno decisamente l’occhietto, pur senza mai combaciare veramente / accomunate da un incipit quasi gemello che poi decolla in maniera disgiunta e da una propensione alla monotonia melodica che ne demistifica il romanticismo, le dividono quasi vent’anni di storia della musica / eppure ritengo che vi sia una sincera affinità, e persino la timbrica vocale dei due autori possiede qualcosa di comune, una temperatura leggermente stridula, acidula, che conferisce più verità alla dolcezza e più energia ai passaggi scanzonati  /

van morrison e robyn hitchcock:  due maestri  che hanno arricchito il pop di inconfondibili quanto personali sfumature, rendendo più sopportabile il passaggio dalla straordinaria creatività degli anni settanta a quel critico miscuglio postmoderno che sarebbe arrivato di lì a poco, alla fine degli ottanta, a contaminare forse definitivamente la musica, privandola come del resto altri campi della creatività, delle sue frange più epiche …

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1 /
jackie wilson said
(I’m in heaven when you smile)
van morrison

(2,54 min.)

da saint dominc preview del 1972 (warner bros), il brano più significativo e travolgente dell’intero disco, omaggio al cantante e musicista soul statunitense jackie wilson (lonely teardrops!), scoperto a cavallo degli anni cinquanta dal grande johnny otis / … qui si apprezza quanto della migliore tradizione soul e rythm&blues il grande van the bang abbia saputo infondere alla sua musica, pur senza rinunciare alle radici irlandesi ed alle ballate della  giovinezza

2 /
certainly clickot –
robyn hitchcock

(2,15 min.)

brano destrutturato e dall’incalzante quanto sbarazzina monotonia tratto da uno dei dischi più convincenti del cantautore londinese (eye.1990.twin tone records – chitarra e voce) / definirlo menestrello, con la chitarra acustica fissa al collo e le sue camicie fantasia, non è poi così inopportuno, anche se qualcuno troverebbe forse riduttiva tale definizione / significativo il contributo a un filone di cantautorato britannico di nicchia che ha saputo preservare alcune prerogative e influenze della musica inglese (altrimenti i primi anni ottanta avrebbero rischiato di mettere tutto questo in congelatore e persino affogarlo in un lezioso edonismo darkeggiante post punk!), lascia ampio spazio a citazioni e venature che rieccheggiano alla migliore tradizione del rock surrealista e psichedelico sia britannico (tanto syd barrett) che americano (soprattutto dylan e lennon)
amore musicale di johnatan demme che a lui ha dedicato video, documentari e una discreta profusione di camei cinematografici