Category Archives: +
RIP René Burri † 1933-2014
sdraiata sul molo audace con gli occhi chiusi il 18 ottobre aveva pensato
“questa estate è davvero meravigliosa”
parecchi anni fa un amico sloveno, durante una cena a casa mia, mi disse che era contento di essere nato in questo periodo storico
(ma dieci anni fa eravamo già dentro a questo nostro presente?)
non ricordo bene la mia replica di allora a tale affermazione, probabilmente fu qualcosa come un “sì e no”; però guardandomi in giro oggi mi sento di dire che no, non sono contenta di questo tempo, lo dico mentre pedalo e osservo gli ultimi prati della città dove spiccano i rendering minacciosi di qualche agenzia immobiliare, lo dico pensando ai 3000 morti nei nostri mari durante l’ultimo anno, lo dico quando constato come vengono quotidianamente maltrattate la cultura e l’istruzione nel mio paese, pensando a come tanti strumenti a nostra disposizione non consentono di valorizzare il talento originale ma quasi solo di ipertrofizzare la produzione di mediocrità.
lo dico con in mente l’avidità incalzante e isterica di genti che pensano solamente a riempire il loro portafoglio
e lo dico anche perchè, se fossi vissuta prima di adesso, avrei forse potuto non vedere questo scempio di risorse e di diritti e di vite, e perchè avrei conservato integra l’illusione che la civiltà dell’uomo marcia in avanti e non all’indietro
forse
è stato un periodo (come animarsi a chiamarla estate?) senza slanci, di azioni monotone e mediocri e di pallida creatività / il tempo atmosferico ha consentito rare capate in piscina, favorendo invece le penniche smisurate e i rimaneggiamenti dell’assetto domestico
si è persa per strada la capacità già scarsa di poetare, di percepire tra le pliche il linguaggio segreto delle cose / rimane un silenzio asciutto, spoglio, asintomatico e caparbio, un modo di andare a testa bassa senza più fare caso
in coda a questa stagione bislacca e poco gratificante è riuscita a vedere il mare, gioia lucente con un cielo senza nuvole
adesso non rimane che fare i conti con l’autunno, con il tran tran italiano, con la dimensione grigiastra e formale di questo nord-est ri-pieno di arie
Audio clip: é necessario Adobe Flash Player (versione 9 o superiore) per riprodurre questa traccia audio. Scarica qui l’ultima versione. Devi inoltre avere attivato il JavaScript nel tuo browser.
[canzone suggerita da untitled – unisce questo e quella)
Audio clip: é necessario Adobe Flash Player (versione 9 o superiore) per riprodurre questa traccia audio. Scarica qui l’ultima versione. Devi inoltre avere attivato il JavaScript nel tuo browser.
Di tutti gli scrittori tradotti e studiati, se Melville è stato per Pavese il miraggio e non solo per lo stile, quello che diventa come la coscienza del suo destino, oltre che il suo presagio umano, è F.O. Mathiessen. Per la comune consapevole ricerca del linguaggio, per l’esigenza di un’organica unità tra l’arte e gli uomini raccolti in comunità, per la tendenza a passare dalla realtà conquistata ad un’altra realtà, per la trepidazione di mistero di fronte al mondo, per il senso tragico e per il considerare inutile la vita, dopo aver conquistato la maturità. L’influenza di Mathiessen è quella che Pavese porterà più a lungo con sé, fino a La luna e i falò, quando si sforzerà di trovare un giusto equilibrio tra simbolo e realtà e ricercherà un linguaggio realistico-simbolico. Mathiessen avrà anche un peso nel gesto estremo di Pavese. Il critico americano si suicida infatti nell’aprile del 1950; Pavese lo saprà e ne parlerà agli amici come di un gesto che non solo per lo scrittore americano era ineluttabile. E nell’agosto dello stesso anno Pavese lo seguirà nel suicidio.
DAVIDE LAJOLO
I
dicevano che era estate, ma forse si trattava di una bugia.
durante le lunghe giornate di nuvole e piova lei spostava i mobili, accatastava carte e cartacce, beveva litri di tè, piegava e ripiegava vestiti troppo leggeri, si rifugiava malinconica sotto a un plaid. immaginava la piscina vuota, le vasche coperte dai teli, gli ombrelloni accatastati e zuppi.
quell’estate si era travestita da autunno ed il suo travestimento risultava decisamente credibile.
II
ci hanno proprio rubato l’estate pensava.
la città con i negozi chiusi per ferie immersa in un’atmosfera ottobrina era surreale, mortificava il buon umore. gli alberi pencolanti sotto l’acqua, i prati fradici, il cielo scuro e la temperatura che disinvogliava a scoprirsi ricordavano l’autunno troppo da vicino.
rimaneva a guardare fuori dalle finestre della stanza in penombra.
privata – come la povera gente, come i vecchi, come gli esercenti, come tutti quelli che in un modo o nell’altro avevano aspettato il caldo ed il sole carichi di un entusiasmo bambino
III
il corpo è stanco di tale solitudine nuvolosa*
* il corpo reputa che l’estate sia un premio di consolazione, quasi la pretende
così si ammala sotto le nuvole
è il suo modo di piangere.
.
Audio clip: é necessario Adobe Flash Player (versione 9 o superiore) per riprodurre questa traccia audio. Scarica qui l’ultima versione. Devi inoltre avere attivato il JavaScript nel tuo browser.