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osservare il mondo da un oblò (cit)

la parola di queste giornate vuote è saturazione

un ossimoro evidente
mi adeguo faticosamente al vuoto delle grandi stanze, al silenzio assordante che sale dalla strada nella domenica pomeriggio, alla mancanza di vita mondana; le ore sono lente e vacue, la televisione quasi sempre spenta (che in realtà è un computer, ma ugualmente spento).
mentre tento un disperato equilibrio mentale, attraverso attività che implichino una costruzione lenta, ariosa, mai forzata ma basata su una personale forma di disciplina (nessun addominale, ma un’ora di sole alla finestra ogni giorno, e pasti regolari, l’impostazione di minimi progetti, disegni, e parole scritte), mentre provo a rimanere in equilibrio sul mio filo, sognando un terrazzo ed un’amaca, un giardino, un vicinato cordiale e un amore che compaia all’orizzonte, mentre leggo le pagine di libri collezionati amorevolmente negli anni come un tesoro senza scadenza che non sia quella biologica di chi legge…
mentre tutto in me è proiezione minuziosa verso la sopravvivenza interiore, dall’esterno piovono fastidiose e pericolose sopraffazioni.
ieri sera pensavo che esiste un parallelo abbastanza significativo fra le rumorose prosopopee che proliferano sui social, fra il marasma di inadeguate e del tutto opinabili invettive e di vignette umoristiche che difficilmente mi fanno sorridere, esiste un parallelo tra questo flusso ingombrante e spesso arrogante di post pieni di sicumera, e quello che accade a scuola, nei gruppi classe di insegnanti del tutto impreparati alla comunicazione immateriale.
ho abbandonato i nove gruppi whatsapp delle mie altrettante classi, dove i docenti vomitavano messaggi quasi sempre inutili e ridondanti fino a notte inoltrata sette giorni su sette, ho contemplato sbigottita la frenesia di fare a tutti i costi, di essere iperattivi, di mostrare al dirigente quanto si è bravi e volonterosi, senza che mai emergesse la percezione di quanto poco salutare sia un simile ritmo di lavoro e l’atteggiamento che sottende.
ho ridotto al minimo le telefonate, con la regola che no, non si parla di covid ma di tutte le altre cose che continuano ad essere importanti, che in questo momento il senso della misura è più che mai necessario, e che sarà fondamentale nei prossimi mesi, non tanto per educare questi insegnanti scalmanati all’uso di piattaforme tecnologiche, quanto per renderli sensibili alle differenze che sussistono tra la comunicazione analogica e quella immateriale, alle diverse risposte neuronali che conseguono a questi approcci, alla necessità di lavorare conservando la propria salute mentale.
all’inizio dell’emergenza ho dato il mio numero di cellulare a tutti gli studenti delle terze, formando gruppi whatsapp di tecnologia per poter comunicare con loro più agevolmente, e sinora questi ragazzi che tutti definiamo analfabeti funzionali hanno dimostrato un’educazione e una capacità di gestire la comunicazione a distanza assai superiore a coloro che dovrebbero educarli e trasmettere sapienza. qualcosa vorrà pur dire?
e ho smesso di leggere chi ha opinioni su tutto, chi in questi giorni non fa che commentare le decisioni e gli eventi, incessantemente, ma senza di fatto essere in possesso di elementi chiari per poterlo fare. non voglio sentirmi satura, voglio pensare che nelle prossime settimane riuscirò a trovare la pace necessaria a sostenere la pazienza, senza innecessari e deleteri rumori di fondo. il dolore è già tanto anche così, e mai come adesso avverto l’importanza di raccontare il buono che abbiamo, il buono che facciamo e che abbiamo fatto.
oggi su radio3 parleranno di bellezza tutto il giorno, è l’anniversario della morte di Raffaello Sanzio. personalmente non credo più molto all’idea di una bellezza salvifica, ma penso che tutti abbiano diritto a una maggiore qualità della vita. ecco, credo che da qui dovremmo partire, essere gentili, essere generosi, essere attenti a quanto possono essere disturbanti i nostri comportamenti. mettere in comune il tanto che abbiamo.
spero di essere una buona amica in queste settimane, anche da lontano, provo ad esserlo, provo a essere un’insegnante migliore, sorrido ai miei ragazzi anche quando sorridere è molto difficile.
e qui mi fermo e vado a far lezione, oggi in prima si impara a disegnare un ottagono regolare, o ci si prova.
cambio finestra sul portatile et voilà.

ph: andre kertesz / Broken Window / 1929

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