l’intorno fisico che attraversa
le dispiace ed è per lei fonte di profonda demotivazione che quasi nulla di ciò che sa ed ha imparato nel corso degli anni venga messo in gioco nelle conversazioni e nei rapporti quotidiani con l’esterno
le pagine della sua vita
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magìa. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel cercarti nel fuscello e mai
nell’albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
EM
non dice quello che è – non dice nemmeno quello che fa realmente, che in fondo è provare a dar forma a ciò che ha imparato, ai dubbi e alle paure sviluppati attraverso la conoscenza / il lavoro è fuga quanto condensazione, porge all’esterno la sua incertezza di persona e di entità politica
ha il terrore delle decorazioni, dell’essere lei stessa decorativa
non è insegnante / non le importa di farlo sapere al mondo / non usa la punteggiatura d’ordinanza
avrebbe dovuto scrivere in autonomia per poter dire altro di sè – perché non ha confidenza con la parola pronunciata specialmente dentro un telefono – e conta sul fatto che un foglio di giornale si dimentica presto e che le opere al contrario continuano, rappresentando un’offerta permanente
– senza con questo volerne sancire il valore
è più complessa di così, più imperfetta, più imprecisa
ugualmente avverte che in genere questo insieme di segni e di verbi restituisce un universo personale piuttosto nitido, connotato da una particolare forma di severità / per amor del vero, non ha mai nemmeno lontanamente pensato di scrivere un libro di sole poesie (come pensarlo, se non ha mai saputo immaginarsi poeta?) perché l’abbandono dei segni e delle trame grafiche per concedersi alla nuda parola le risulta innaturale, sovrumano: in lei brulicano parole inevitabilmente connesse e vincolate a forme e spazi – quelle parole hanno stanze, gabbie, reticoli – possiedono un’architettura visiva che costituisce la loro imprescindibile peculiarità
si riconosce nelle ore silenziose che intercorrono tra una parola detta e la successiva – solo in quei lunghi time lapses può respirare e capire – il mondo parlato al contrario la costringe all’apnea, all’entropia del senso, e durante le conversazioni quasi sempre osserva con malessere le frasi inermi ed inefficaci annaspare, le frasi che danzano irresponsabilmente senza dire oppure sovradicendo – sgraziate e mute (perchè anche dire troppo è una forma di mutismo)
sente di meritare una qualità rigorosa e più limpida, tuttavia in modo misterioso ne demolisce sistematicamente i presupposti, accettando i compromessi del vivere ma incapace di farlo con stile, sbandando in continuazione / e si accorge che è proprio questa la sfida che le aveva prospettato anni prima un caro amico: sporcarsi le mani di merda e rimanere pulita