pare che in questa città e in questa parte d’italia niente solidifichi, come un budino che non addensa e rimane liquido e sciolto anche dopo che l’hai versato nello stampo e messo in frigo

due giorni fa, in occasione dell’ultimo sciopero, non è stato organizzato alcun corteo, il sindacato manifestava altrove e l’ennesima occasione di sensibilizzazione e di scambio a udine è andata sprecata (il che rende ancor più inutile e obsoleto lo strumento prescelto, gravando inutilmente sulle tasche dei lavoratori)
non esiste continuità, non c’è un ritmo comune che coinvolga gli insegnanti o le persone che vogliono impegnarsi a cambiare la situazione – l’esperienza fallimentare di nessun dorma è uno degli esempi possibili ma ricorrendo alla vita privata e georeferenziando le mie personali conclusioni è evidente che le persone (almeno quelle adulte) si orientano nella maggioranza dei casi verso rapporti più convenzionali e comodi – ti contattano spesso per bisogno o per circostanza dileguandosi poi velocemente quando la necessità o la contingenza decadono – allora tornano velocemente ai figli e alla famiglia, ai vecchi amici, allo shopping, all’uncinetto o forse alla cucina, proprio come capita a me

cucinare – per rifugiarsi in un limbo lenitivo tiepido e profumato in cui diluire l’amarezza – affondare le domande nello zenzero, profumare di curry le proprie ansie, marinare fino a cottura gli stati d’animo più intensi e congelare l’istinto di scendere in strada – questa vita solitaria aromatizzata con le erbe dell’orto è un tentativo di sopravvivere silenziosamente alle conseguenze di un lavoro triste e avaro di soddisfazioni, nella condizione di chi percepisce impotente il progressivo peggioramento dei beni più importanti, la loro caduta sotto l’effetto di uno dei tanti governi indifferenti ed apparentemente efficientisti

ma i nostri beni comuni cadono soprattutto per effetto della nostra indifferenza, per la debole forza investita nel difenderli, per l’attenzione unicamente puntata sul proprio rendiconto individuale, per l’incapacità di essere coesi ed attivi e di mettere in gioco la propria persona

la cucina trova il suo massimo quando è occasione per condividere
un paio di stagioni indietro gli anarchici e i no-tav, in piazza per una giornata di se non ora quando, offrivano frittata e focacce: mi piacque molto quell’iniziativa del gruppo, era civile, sensata, costruttiva – e immagino un’occupazione organizzata, un territorio costellato di spazi riconquistati, ripensati, rivitalizzati – spazi dove la cultura passi anche attraverso svariate forme di piacere condiviso come ormai non accade da moltissimi anni* – spazi in cui si possa inventare, costruire, scambiare – e cucinare

*(a suo tempo fui tacciata di ludico berlusconismo per aver affermato che la lotta avrebbe dovuto passare anche attraverso la condivisione del piacere)

intanto, la scuola ha perduto nel corso degli anni ogni accezione poetica, diventando culla dei divieti e della burocrazia, un ambito privo di mezzi e di spazi vivi – è cambiata invecchiando precocemente e contemporaneamente ingrigendo i ruoli di tutti coloro che se ne occupano
ma le strade sono deserte e gli insoddisfatti latitano, e con tutto quello che succede siamo capaci solo di rimanere nelle nostre cucine, narcotizzati e protetti da nuvole di zucchero a velo e con le mani nella pasta frolla

… se la cultura ha fame ci penserà qualcun altro


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