ultimi giorni d’aprile
riflessioni schematiche scaturite viaggiando in corriera
il paesaggio italiano contemporaneo non mi piace, mi comunica una particolare malinconia, la sensazione di spaesamento per un’inconsistenza irriconoscibile basata sull’assemblaggio casuale di pezzi che non si parlano e non collaborano alla realizzazione dell’ambiente urbano – le città italiane hanno perso progressivamente la loro personalità per diventare mediocri e noiose, e dal dopoguerra ad oggi si sono trasformate in un’accozzaglia di materiale costruito privo di fascino
apprezzo maggiormente lo stile americano, senz’altro più sgraziato e pacchiano, ma dotato di una sua coerenza interna
in italia invece, i presupposti storici, culturali ed urbanistici, sono stati progressivamente traditi, scopiazzando sistematicamente quanto veniva proposto da altri paesi, da intelligenze che non si erano confrontate con il nostro contesto ma con il proprio, dando sempre più spazio ad un panorama senza identità, popolato di elementi estranei (pensiamo solo ai centri commerciali che hanno scopiazzato le mall americane) – ci sentivamo così moderni, ad “abbellire” il territorio con simili mostruosità!
e mentre altrove il paesaggio si conformava in risposta alla struttura identitaria degli abitanti, generando forme di armonia non impostate sul mero giudizio di bellezza (qui da noi ancora gli architetti si interrogano puerilmente e sterilmente sulla questione formale) ma sulla pratica corrispondenza e riconoscibilità per chi abita un luogo e lo utilizza, individuando la morfologia urbana più conforme alle abitudini di vita e realizzando un percorso prima di tutto identitario e quindi (eventualmente) di superficie, nel caso italiano si produceva al contrario una generalizzata perdita degli elementi tradizionali sostituiti da un’accozzaglia di riferimenti di importazione, essendo mancata una riflessione seria e mirata su quale avrebbe dovuto essere l’evoluzione dello stile italiano (anche e soprattutto nelle abitudini di vita) andando a lavorare su quello che la tradizione ci aveva insegnato dando un senso coerente e costruttivo alla modernità
così, oggi gli inventori della pizza mangiano hamburger al mc donald’s (le trattorie sono praticamente scomparse e molte delle pizzerie sono in mano a famiglie straniere), nella patria dell’alta moda si veste con abiti cinesi ed invece di rivitalizzare le piazze le abbiamo sostituite con centri commerciali dove i negozi aprono e chiudono a ritmo settimanale
in realtà definire la questione non è semplice, perché il processo in atto è di natura globale (grande ruolo ha la tecnologia), ma ci sono in italia particolari elementi di debolezza che non abbiamo saputo affrontare nel modo migliore, anzi, che abbiamo assecondato mettendo in mostra la nostra vocazione all’ignoranza e la totale assenza di anticorpi ed enzimi culturali ed etici
cos’è mancato all’italia negli ultimi sessant’anni?
cosa ci ha resi mediocri e spenti dal punto di vista culturale e artistico?
che cosa ha generato un sistema di abitudini e di regole così provinciale e sbiadito?
… sapessi rispondere ci scriverei un libro!
02.05.12
aggiorno il post con alcune parole trovate stamattina nel libro scelto per il viaggio: franco la cecla – contro l’architettura