monthly archives: aprile 2012

I
07.04
conosco l’origine della mia assenza di pace ma non capisco cosa possa aver generato la sua, viziato primogenito di famiglia numerosa – pur se carico di responsabilità nel suo ruolo di primo sempre e comunque – unico ‘studiato’ vanitoso e mondano
il mio arrivo non previsto trasformò la sua vita e l’immediato intorno in un perenne punitorio, ma dubito che prima di allora fosse mai stato sereno

II
08.04
non mi accorgo della pasqua – piuttosto di quel contorno che permane, ritaglio senza centro
la giornata è particolarmente grigia e fredda, con i colori dell’inverno ancora dietro le tende, e la casa desolata mi parla dai suoi anfratti inconoscibili, sussurrando dietro ai cartongessi, soffiando nei suoi tubi, facendo sfrigolare lamiere ed assiti – il disordine con cui la nutro esprime bene le gentilezze respinte, addirittura ignorate, forse inconsapevolmente mortificate

perché la primavera mi schiaccia in questo modo?
mi sento insetto fuori stagione, goffamente incistata in un esordio complesso

 

Audio clip: é necessario Adobe Flash Player (versione 9 o superiore) per riprodurre questa traccia audio. Scarica qui l’ultima versione. Devi inoltre avere attivato il JavaScript nel tuo browser.




I
mentre cammino – in strada lo stesso profumo che usciva dalla cucina della casa paterna (non lo stesso, in effetti, ma uguale)
profumo di sughi consistenti e di spolert – pane lasciato ad abbrustolire nel cassetto laterale della stufa insieme alla teglia rotonda di stagno con le pere che caramellavano

la parola quasi sempre è nostalgia
ed in effetti mi trovo a ricordare, ricordare, incessantemente – vivo immersa nel pensiero di quello che non c’è più, le cose perdute, sperimentando uno struggimento che a tratti diventa particolarmente acuto, quasi un dolore

II
un mondo invaso dalle badanti
come facevamo prima?
probabilmente ci prendevamo cura personalmente dei nostri anziani, senza alleggerire il carico

mia madre nel sogno partiva per andare ad assistere una zia malata – non ce la può fare, pensavo, lei già cosi avanti con gli anni, a prendersi cura di un’altra vecchia
ognuno dei miei sogni sembra essere un modo per andare incontro al destino dei commiati, un modo per avvertirmi, un training sfaccettato e metaforico del congedo – dei congedi

 

Audio clip: é necessario Adobe Flash Player (versione 9 o superiore) per riprodurre questa traccia audio. Scarica qui l’ultima versione. Devi inoltre avere attivato il JavaScript nel tuo browser.






percepisce nitidamente l’indole borghese di certe colleghe, quella particolare abilità nel combinare borse e scarpe che niente ha a che vedere con i patetici pendant da pochi soldi delle signorine di scarsa cultura, e tantomeno con il decoro sobrio di certe donne d’altri tempi che in modo quasi religioso assimilano la concordanza dei toni nell’abbigliamento a una forma di educazione di sottofondo, a un senso della dignità estetica impossibile da sradicare
invece, queste donne costosamente agghindate, capaci di combinare sapientemente il loro guardaroba in quanto parte di un rito mondano che compete al proprio ceto sociale, sicure ed eleganti con le loro grandi borse di marca (in verità non è solo prada a fare la differenza, il birkenstock può essere perfino più subdolo), le provocano una particolare forma di distante soggezione, una mestizia opaca – ed è impossibile per lei trovandosele di fronte abbandonarsi con disinvoltura al suo modo di essere approssimativo, percepire con agio i propri abbinamenti di oggetti e di pensieri, che contengono sempre qualche irrimediabile stonatura

l’inappartenenza è una delle questioni irrisolte, e quando si confronta con certe figure così definite socialmente, talmente riuscite nel distillare gli aspetti formali della loro essenza borghese, non può fare a meno di andare con la mente a tutte quelle figure che invece incontra quotidianamente sugli autobus o per le strade, la gente comune, le persone che potrebbe definire normali e che indossano e praticano una banalità senza pretese ma di cui spesso riesce a percepire nitidamente aspetti personali che le toccano il cuore

si sente sollevata ed estranea ad entrambe queste ragioni, capisce di trovarsi perennemente in bilico tra due sfere distinte e contrapposte, che trasportano diverse forme di brillantezza, a volte discutibili, altre misteriosamente emozionanti e complesse
ma quando prende la moleskine per scrivere o tracciare qualche segno, non è mai guardando alle signore inappuntabili e disinvolte dei ceti medio alti che trova un’ispirazione od uno spunto, e nemmeno alla capacità di certune di travestire la loro classe sociale facendola sembrare sinistramente alternativa – al massimo si incapriccia per qualche minuto di un cappotto o di un paio di pantaloni, che del resto non potrà mai permettersi, se non trovandoli per caso sul banco della roba usata, proprio come i protagonisti del romanzo di perec, pur senza uguali ambizioni di riscatto

pensa che l’abbigliamento rappresenti un codice significativo, un elemento di scrittura, un’indizio permanente di altri aspetti più incisivi della cultura, della personalità, e del ruolo sociale che ciascuno di noi riveste nel mondo – l’abbigliamento esprime e parla della nostra realtà indipendentemente dal fatto che siamo noi a sceglierlo o che sia una conseguenza involontaria delle circostanze od una necessità

… anche la nudità può rappresentare una forma di abbigliamento, si domanda? – capita mai di indossare il corpo come fosse una veste, qualcosa di cui potremmo o vorremmo spogliarci? e dove si collocano i tatuaggi? tra i gioielli od invece tra i capi di vestiario inamovibili della nostra pelle?

poi torna alla tazza del tè ormai quasi freddo

 

[sequenza di foto scattata a venezia nel 2002]