[cronache da una città poco ospitale]



conosco le zone aperte di questa città, le sue strade, le piazze, molte estensioni dello spazio urbano ai piani terra per la necessità quotidiana di entrare nei negozi / rare volte mi addentro nei palazzi per accedere ad uffici posti a piani più alti, oppure è capitato in certe scuole, in biblioteca od al cinema /
ma non conosco che marginalmente la città residenziale ed i suoi spazi privati, nonostante viva qui da circa otto anni / gli udinesi si tengono stretta la privacy, non aprono i loro manieri con facilità e naturalezza / è una società urbana di provincia, cortese quanto stitica, che non ama mescolarsi /

pensando a venezia per esempio, posso dire di aver salito molte scale e visitato moltissimi appartamenti, di conoscere le calli ma anche le cucine e i salotti della città, le sue tende, la vista sullo spazio esterno che si ottiene sbirciando dalle diverse finestre / in tal modo la città vissuta sviluppa un negativo e un positivo spaziale, la sua volumetria si fa più completa e complessa / se invece dovessi realizzare un calco degli spazi che vivo adesso, sarebbe un calco di spazi aperti e piani terra, un calco che include centri commerciali e stazioni – ma senza scale di condominio o significativi sviluppi nel privato / risulta di fatto un calco muto, a temperatura ambiente / privo di memorie individuali condivise, si ferma all’imbocco dei pianerottoli residenziali

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nello scrivere queste poche righe immagino una città con le porte murate e soccorrono la mia visione i bellissimi calchi di rachel whiteread, ma anche la scala impraticabile di do-uh-suh allestita alla tate gallery / l’opera che traduce gli spazi muti racconta innumerevoli storie troncate dalla farraginosità dei rapporti, dalla ritrosia borghese di classi che non si mescolano con lo straniero, che non condividono conoscenza e cibo, che sovrappongono con sapienza diverse reti impermeabili di contatti e frequentazioni, badando a tenerle accuratamente separate

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queste reti sovrapposte non suonano come quelle di alexander chen, che crea mappe sonore utilizzando le reti connettive urbane come sovrastruttura di riferimento – sono piuttosto le mappe-altalene sospese e isolate di mona hatoum / oppure posso immaginare una serie di vetri insonorizzanti che separano cartografie esistenziali con forte carattere di individualità e con limitato raggio relazionale, definendo la mondanità misurata di una società che non si mescola, non si schiera e soprattutto non si compromette, proprio come asseriva con orgoglio giorni fa il presidente di una nota rassegna culturale: il pluralismo viene garantito dall’assenza di qualsiasi ideologizzazione (attenzione a non prendere posizione!) e gli sponsor privati svolgono un ruolo nei confronti della cultura che non si può e non si deve pretendere dallo stato e dalle istituzioni pubbliche (come potremmo pensare di mettere in imbarazzo i nostri sponsor con scomode asserzioni politiche?)

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la città si tiene stretta questa indole riservata e di braccio corto, accoglie gli stranieri in silenzio, li integra con civiltà negli ambiti di servizio ma non procura di fatto un contesto immobiliare capace di favorire la mescolanza / ogni quartiere possiede valichi trasparenti e silenziosi come forse succede in molte parti del mondo – è un assommarsi di calchi impenetrabili, di spazi solidi che nella pratica dei rapporti spaziali contravvengono alla regola della liquidità / dopo molti anni sono ancora straniera, ancora esterna – non pratico i piani alti e le mense amicali dei residenti / attraverso lo spazio in bicicletta ma senza potermi mescolare,  senza condividere e compartire /

ciò naturalmente ha anche i suoi vantaggi: non ricevo imbarazzanti inviti alle happy hour del sabato sera od a certe inaugurazioni pseudo-culturali che si ripetono uguali a se stesse senza stupire nessuno – pretesti mondani ininfluenti di una città di provincia che vuole imitare manhattan

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immagini

1.       jacques derrida – discussione con cristopher norris

2.       rainer maria rilke – nona elegia

3.       rachel whiteread – house – 1993

4.       do ho suh – staircase III – 2011

5.       mona hatoum – suspended – 2011

6.       alexander chen – conductor: mta me – 2011