monthly archives: maggio 2011

la tv non puzza
il web non ha odore
e b non farnetica

di primo acchito potrebbe sembrare una delle tante stupidaggini bislacche a cui ci ha abituati nel tempo, l’affermazione ad opera del premier che i politici di sinistra non si lavano, uscita in calce a un discorso che mirava a dipingerli come ostacolatori di libertà e democrazia, ed invece non ho voglia di sorvolare, perché quell’affermazione così puntiforme e apparentemente fuori contesto riesce a toccare un nervo scoperto, un’idiosincrasia mai apertamente dichiarata inerente le abitudini di vita che soprattutto a partire dal dopoguerra ci hanno condotti verso un’esistenza senza odori (o quasi) ed a un meticoloso controllo che fa dell’igiene uno dei gangli fondamentali intorno a cui ruota la nostra quotidianità /
come afferma umberto eco nel suo ultimo libro (stralcio pubblicato ieri su repubblica) il nemico sempre puzza …, e l’odore sgradevole ha a che fare con la diversità, con la mancata accettazione dell’altro che è vagamente simile a noi ma che non coincide a sufficienza / è un’idea così vicina all’immagine del contagio, quasi che un odore potesse trasmetterci il germe della differenza e della miseria, come si trattasse di una malattia / tale aspetto è evidente nel momento in cui consideriamo la questione razziale e le discriminazioni che ne derivano, perché la pelle diversa dalla nostra ha spesso un odore che non ri-conosciamo e che mette alla prova il nostro ecosistema introducendo elementi destabilizzanti che accettiamo con fatica /
proprio per questa stessa ragione probabilmente, l’igiene meticolosa e un’esagerata cura del sé celano spesso l’incapacità di vivere con serenità e apertura la questione delle differenze, soprattutto in una società diventata esponenzialmente multietnica facendo del confronto con l’estraneo un elemento che non possiamo evitare o rimuovere del tutto / ecco che allora pulirsi profumarsi disinfettarsi rappresenta una forma di antidoto all’altro, un tentativo di rimuovere il germe sconosciuto che deriva dalla prossimità dello straniero, di ciò che non è familiare o che non conosciamo a sufficienza / quindi più o meno consapevolmente associamo l’idea di sporco a una distanza morale, a una scala di valore che ci vede al centro di un ecosistema culturale che consideriamo dominante, e questo tipo di associazione lavora a un livello che difficilmente possiamo controllare e percepire con il nostro lato più razionale /
la parola odore non è più associabile con naturalezza a uno dei tanti aspetti della nostra fisiologia, per esempio ad un’intensa attività fisica o alle caratteristiche dell’epidermide, ma richiama piuttosto la scarsa igiene, lo sporco recidivo e un’insufficiente cura della propria persona, che per un delirio autocentrico associamo istantaneamente a una carenza culturale / con sistematicià quasi compulsiva facciamo attenzione a rimuovere ogni memoria del corpo quale macchina imperfetta e ci impegnamo a perseguire una realtà asettica e impersonale che ci protegga dall’onere della differenza e della decadenza insita nelle cose di natura (manca l’accettazione dell’invecchiamento nella sua complessità), così come dall’assunzione della responsabilità di dialogare con lo straniero o con chi consideriamo erroneamente inferiore /
per queste ragioni (tra le altre) le parole del premier mi paiono particolarmente insidiose, perché associare la sinistra all’idea di sporco va a far leva su un tabù profondo e stabilizzato, conducendo l’elettore a reagire in maniera non del tutto consapevole a un fastidio di matrice culturale con cui si confronta quotidianamente a molti livelli diversi /
lo sporco è un tabù da cui b deve liberarsi e smarcarsi con urgenza (pensiamo solo alla questione dei rifiuti in campania ma anche alla dubbia moralità che macchia la sua carica istituzionale): tenta di farlo capovolgendo la questione e dissociandosi verbalmente da qualsiasi forma di coinvolgimento e compromissione in affari variamente sporchi, al contrario riversando sull’avversario politico le proprie macchie, in un abile gioco dialettico di specchiamento /
qualcuno però dovrebbe spiegare al nostro premier, esponente di punta di una società batteriologicamente pura, che certe sporcizie anche sfregando forte non vengono via, e che un’abbondanza di lavaggi e profumi non garantisce affatto la pulizia della coscienza e una purezza d’intenti /

cordiali saluti

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bee mask / canzoni dal laboratorio del silenzio cosmico – 2011
elliott sharp’s terraplane / live in saalfelden (rec) – 26.08.2001
elliott sharp’s terraplane / music for YELLOWMAN – 2002 ♥
elliott sharp’s terraplane / terraplane – 1994
gonjasufi / a sufi and a killer – 2010
herman düne / switzerland heritage – 2002
horvitz previte sharp zorn / downtown lullaby – 1997
mike westbrook / love songs – 1970 ♥ (1)
mike westbrook / metropolis – 1971 ♥★★
mike westbrook orchestra + j. surman / citadel room 315 – 1970
sao paulo underground / sauna um dois tres– 2006 (2)
sao paulo underground / the principle of intrusive relationships – 2008
the detroit experiment / the detroit experiment – 2003

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era una bambina / è ancora bambina
she was a baby there / she is still a baby

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i due brani che ho scelto questa volta presentano una struttura complessiva piuttosto differente tra loro – allo stesso tempo la timbrica e la particolare attitudine percussiva ne suggeriscono la plausibile prossimità estetica e il potenziale affiatamento

ripropongo quindi un lavoro del 1982 di elliott sharp (peraltro già inserito in un post qualche settimana fa), che qui duetta con una composizione molto recente eseguita dal mary halvorson quintet

1
elliott sharp – hm3 (4,03 min.)

un brano convincente ed energetico da un disco (nots – 1982 – glass records) che esprime il lato tettonico e più sperimentale della musica degli anni ottanta / come sempre sharp non si può sottomettere alle de-limitazioni di categoria

2
mary halvorson quintet – sea seizure (5,25 min.)

da saturn sings del 2010 (firehouse 12) – uno dei dischi che prefersco in questo periodo / a mio parere il lavoro sinora più convincente della halvorson, che in quintetto trova un equilibrio formale non sempre così evidente nelle collaborazioni precedenti

 








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oggi solo campi / campi / campi
(e un albero biforcuto)
in viaggio ho potuto scorgere i primi papaveri

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la stagione dei fiori piano cedeva il passo a quella del verde selvaggio e arrogantemente profumato che occhieggiava intenso dai finestrini del treno / la sera prima già sapeva che la rugiada del mattino le avrebbe bagnato gli stivali fino alle caviglie, ma era contenta di poter ancora camminare a passo svelto per i sentieri che attraversano i bastioni, per poi imboccare le consuete strade perimetrali fino alla scuola 

ogni scorcio esprimeva familiarita’
erano vicine le ore dei sorrisi – le pregustava con delicatezza
e sarebbe tornata a casa stanca, fiaccata dallo spazio esageratamente bianco del cortile, con le guance cariche di parole gentili appese come ninnoli alla sua stanchezza