in stato di bozza:

alle primarie del centrosinistra vince giuliano pisapia staccando stefano boeri di circa 5 punti

le considerazioni che mi sento di fare corrispondono ad altrettanti dubbi e riguardano in primis l’attendibilità di questo genere di elezioni nell’individuare un plausibile candidato che ottenga altrettanto consenso in un contesto più allargato (comunali, regionali, nazionali)

c’è poi una questione legata alla comprensibilità del messaggio, là dove una comunicazione più semplice e diretta risulta rassicurante e produce maggior consenso / boeri sarebbe stato da svariati punti di vista il candidato più adatto ad affrontare la gestione di una città come milano, ma alla stregua di molti altri professionisti ed intellettuali non ha forse trovato un modo funzionale per rivolgersi ad un elettorato eterogeneo; inoltre non possiede certo un curriculum di stampo popolare (da cui emergano con evidenza la propensione alla solidarietà ed una concezione della società non piramidale)
ottimo interlocutore e moderatore all’interno di un contesto professionale e culturale di settore (come fu ad esempio quello di domus, pur con una serie di possibili contestazioni in merito alle scelte della sua linea editoriale) risulta forse un personaggio più ambiguo e scarsamente abbordabile per una platea variegata e con diversi toni di scolarizzazione e di percorso lavorativo

questo può essere un limite del nostro elettorato (nonostante milano rappresenti uno dei territori in cui si presume che il tessuto culturale sia maggiormente ricettivo) dal momento che, come scrivevo nei giorni scorsi, l’abbassamento-abbattimento del livello di giudizio in ambito politico sembra condurre a criteri di gradimento di stampo televisivo o popolar-mediatico (vale a dire che non esiste la capacità di formulare un giudizio efficace e competente in merito alle questioni maggiormente tecniche dell’attività politica e dei programmi) / d’altro canto va ricordato che dovrebbero essere i candidati a compiere uno sforzo per raggiungere e svegliare l’interesse delle persone, per poter comunicare efficacemente con coloro che non sanno o non possono utilizzare criteri di selezione più sofisticati

il terzo punto è inerente al ruolo ambiguo della professione architettonica (di boeri ma non solo) rispetto a presupposti di natura autenticamente democratica e di una qualità estetica messa al servizio di obiettivi che invece sembrano prendere le distanze (in forma e sostanza) dall’idea di una città immaginata veramente per i cittadini
(l’esperienza della maddalena da questo punto di vista ha complicato notevolmente le cose, creando un precedente collocabile con difficoltà e andando in qualche misura a confondere o perplimere l’elettorato)

ciascuno di questi aspetti può e dovrebbe venir considerato nella doppia accezione, positiva là dove si auspica che una città come milano necessiti di uno sguardo competente e moderno che contribuisca a rimuovere una ormai consistente serie di pregiudizi estetici e culturali – e dubitativa là dove il percorso professionale diventa un elemento di distanza dalla misura popolare, provocando una serie di ostacoli comunicativi ma anche operativi che portano a guardare con diffidenza al prodotto finale, sia esso architettonico o più specificamente politico

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