monthly archives: ottobre 2010

l’acronimo GIUDA sta per Geographical Institute of Unconventional Drawing Arts ed è anche il nome di una casa editrice e di una rivista dall’aura un po’ oscura che raccoglie storie illustrate selezionate con piglio non banale dal curatore gianluca costantini
tempo addietro gianluca mi chiese di inviargli alcune cianografie convertite in scala di grigio, per includerle nel secondo numero, uscito da pochi giorni
oggi mi sono arrivate le copie e devo dire che sono  davvero contenta del risultato e del contesto grafico in cui hanno trovato posto le tavole
spero che anche lui sia soddisfatto del mio piccolo contributo!

.

my cyanoworks (cianografie) on giuda review #2 !!








Audio clip: é necessario Adobe Flash Player (versione 9 o superiore) per riprodurre questa traccia audio. Scarica qui l’ultima versione. Devi inoltre avere attivato il JavaScript nel tuo browser.

ti ritrovo, mia puerile pseudodanza innaturale
ti chiudo in un cerchio: e ti interrompo, ti rompo

luciano berio – sequenza XI – eliot fisk chitarra
testo – edoardo sanguineti


la caducità dell’oggetto-mezzo, il suo consumarsi nell’uso, tendono ad alterare nuovamente la struttura della cosa, che si rivela sensibile al fattore tempo seppur in misura e con modalità differenti da quelle umane / bisognerebbe far crollare le barriere dell’ovvio, restituire l’oggetto alla sua sempre rinnovata complessità, ed ecco che dall’oggetto si passa all’opera, opera d’arte si intende, che non solo restituisce dell’oggetto la pura bellezza, ma a quanto pare trattiene di questi la verità, il suo essere oggetto, le sfumature del senso e le sue fragilità di fronte allo scorrere del tempo [e farsi anche evento storico?] / entra in gioco una definizione estetica che non si confronta più solamente con la bellezza in quanto tale / heidegger cita ad esempio le scarpe contadine di van gogh, traendone il titolo per l’intero saggio / l’arte come porsi in opera della verità, il sogno di cezanne, così faticosamente perseguito eppur irrealizzabile nella sua completezza

26 luglio 2007

/
ho sviluppato un modo (forse banale) per meglio individuare la presenza di un valore intrinseco nelle cose: è chiedermi sempre quale sia la loro reale significanza, il loro stato di necessita’ – oltre l’oggi, l’adesso, oltre il mio debole perimetro
queste interrogazioni (apparentemente) semplici mi hanno fatta sentire molto spesso in imbarazzo di fronte alle scelte compiute – aiutandomi talvolta ad eliminare alcune dipendenze e parecchie zavorre formali
ma non sono ancora riuscita a renderle sufficientemente efficaci nel lavoro creativo,  anche se ci provo – ogni giorno
(difficile prendere distanza da ciò che è parte di me)

//
scrivere (come disegnare) mi costa fatica
prima di rendere definitivo un disegno passano giorni, settimane, a volte mesi
anche se non spesso, capita di tornarci persino a distanza di anni
(per esempio in questi giorni, con i lavori alfabetici)

poi mi accorgo che nel frattempo qualcuno ha preso le mie stesse idee e le ha sviluppate meglio
:)

+
a distanza di giorni è la parola “cosa” (le cose dell’incipit) a colpire di più la mia attenzione
contenitore di situazioni e riferimenti generico ed esteso – estensibile
applico la selezione personale quanto più spesso mi è possibile
anche se a volte mi dimentico, mi distraggo, tergiverso – soprattutto indulgo
allora si solleva una questione ancora diversa:
quanto di quello che scrivo e pubblico qui dentro mi corrisponde?
il blog è una piattaforma di verità personali o diventa un luogo di mistificazione e persino chimerico?
.

///
questa doveva essere una lettera
fu scritta verso la metà di settembre e mai spedita
la postilla invece (+) è di oggi

parole 1 / derrida
parole 2 / heidegger

.

.

-

oggi mi sono svegliata con la netta percezione di quanto sia disperata e senza sbocco la lotta per la scuola / una lotta di pochi di fronte a un’enorme massa indifferente di persone che considerano rumore le nostre proteste e che non ne capiscono il senso, che vogliono per i loro figli solo un pezzo di carta, possibilmente ottenuto con il minimo sforzo
la parola cultura è una reminescenza inutile del vocabolario, un ramo secco che si conserva per ricordo – una cosa morta, senza spirito
persino i creativi ormai propongono nella stragrande maggioranza dei casi un bello viziato, perseguono un’estetica masturbatoria e priva di energia, che induce all’incoscienza, a una forma apolitica di oblio
si tratta di un intimismo fuori luogo e fuori tempo, di fronte a quello che succede nel nostro paese e nel mondo, sbocchi formali più vicini a una moda che a un moto autenticamente culturale / tali manifestazioni sono il risultato del fatale connubio tra tecnologia e tendenze modaiole più che di invenzione e sacrificio / gesti spogliati di ogni valenza processuale e di ogni intenzione costruttiva, moltiplicati all’infinito / apoteosi esponenziale del bello gratuito

cosa impariamo da queste nuove forme di espressione?
cosa cambia in noi di fronte a tanta piacevolezza?
temo che la maggior parte sia contenta di rifugiarsi in tiepide nicchie (verbali o iconografiche non importa) in cui è possibile e plausibile evitare di prendere posizione, nicchie accondiscendenti, generaliste e di largo consumo
proprio come un bel vestito, queste manifestazioni creative non procurano alcuno scarto del pensiero, nessun ribaltamento del senso comune, soprattutto nessun collegamento attivo con il mondo – ci spingono piuttosto a impiegare il nostro tempo per perfezionare individualmente dettagli formali della nostra vita (guardaroba, arredamento, gastronomia)
in una lettera ieri l’ho chiamato qualunquismo estetico
lo stesso che ci tiene lontani dalla comprensione dei valori perduti nel corso dell’ultimo ventennio e che ad esempio provoca un pietoso assenteismo nella protesta per salvaguardare la scuola / i precari sono antiestetici e sfigati, decisamente fuori moda, non vanno bene nemmeno per il modernariato – i professori poi (quantomeno quelli della scuola primaria e secondaria) fanno parte di una categoria ancor meno autorevole, gente fallita che non avrà mai successo nella vita, che non trarrà ricchezza materiale dal proprio lavoro e che dovrà cedere perennemente al compromesso antiestetico dell’istruzione italiana: arredi di second’ordine, libri impaginati tristemente, scenari mediocri da lasciare nell’ombra

tutto è talmente correlato, un processo di disintegrazione culturale che pervade ogni strato e che ha preso corpo a partire dal dopoguerra, con l’insinuarsi di una cultura dei beni materiali e dell’apparenza che è andata a scalzare la cultura con la c maiuscola, quella di talenti autentici che dedicavano al sapere e alla ricerca l’intera vita, talenti senza fronzoli
(attualmente ci restano solo i fronzoli)

nemmeno esprimersi decorosamente ed efficacemente nella propria lingua rappresenta ormai un problema: in fondo non ci sono poi cose tanto complesse da dire – sono sufficienti comunicazioni pratiche, al massimo gli insulti e i versi per la partita allo stadio o per sbeffeggiare gli stranieri /
per rutti e scorregge non servono diploma o dizionario

.
mi sento fragile

un anno fa moriva mercedes sosa

.



nella foto: pescatori a quilmes, argentina – 1997





(altro…)

poi ho realizzato che era a proposito di qualcosa che avevo visto da bambina e che mi aveva fatto sognare così a lungo…

.