monthly archives: ottobre 2010

nel pomeriggio abbiamo sfogliato vecchie foto
il nonno lino che passa il verderame sulle viti
e più sotto,  una riunione di fratelli nell’orto – con nonna cati che osserva dalla finestra

poi sono partita, in un tramonto che si dispiega-va al contrario

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ad ampezzo sabato si festeggiano lis muars e fervono i preparativi :)



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avevo un’amica (ora come ora non so come chiamarla) che in gioventù mi ha offerto alcune letture preziose – ogni tanto arrivava con un libro per me, ed erano sempre tesori

lei invece – da lontano – mi fa scoprire (e ricordare) musiche meravigliose
porte che si affacciano su un tempo … il mio presente remoto

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Mathew Arnold, che fu (nonostante qui non si sappia, il che equivale semplicemente a dire che non si sa) uno dei grandi poeti del diciannovesimo secolo, definì, in una frase che divenne celebre, la nullità intima della civilizzazione puramente materiale: ‘A cosa ti serve un treno che ti porta in un quarto d’ora da Camberwell fino a Islington, se ti porta da una vita miserabile e stupida a Camberwell a una vita miserabile e stupida a Islington?’

In effetti, rappresentando appena delle facilitazioni funzionali a una vita che dovrebbe avere fini più alti, le conquiste materiali non significano nulla di per sè, se non quando dalle loro applicazioni realmente scaturisce qualcosa relativa a questi alti fini. Sulla natura di quegli alti fini possiamo opinare: per alcuni potrebbero essere semplicemente la grandezza nazionale (è un concetto limitato, ma è, per la maggioranza degli uomini, l’unica cosa che veramente li trascina fuori dal loro egoismo naturale, e così rende possibile che costoro facciano qualcosa in più rispetto al vegetare attivamente); per altri consisterebbero nella felicità umana (che è un concetto parimenti riduttivo, in quanto cani e gatti, se fossero capaci di concetti sociologici, non ne avrebbero un altro differente); per alcuni si tradurrebbero in determinati obiettivi religiosi; per altri (tra i quali io stesso mi includo) nella creazione di valori civilizzazionali – valori artistici, scientifici, filosofici – che servano da stimolo e da consolazione per gli uomini futuri.

In sè stessa la civiltà materiale non è affatto una civilizzazione, ma semplicemente un perfezionamento. Migliorano le condizioni in cui gli uomini vivono; gli uomini possono o meno migliorare. È risaputo da tutti i sociologi che le condizioni climatiche estremamente benevole tendano a disturbare il progresso e la civilizzazione del popolo che ne è soggetto, per lo stesso motivo per cui non suscitano opposizione, facendo vivere la volontà, non producono difficoltà alla vita, destando l’emozione, non creano problemi di vita, svegliando l’intelligenza.

Quando, poi, in opposizione a argomenti come quelli che da ogni parte – escludendo le parti democratiche e radicali che attaccano per una questione di fanatismo politico – si ergono contro il fascismo, si risponde con la regolarizzazione dell’orario dei treni, con il miglioramento del valore della lira, e, perfino, con la stabilizzazione dell’ordine pubblico (supponendo che la pace varsaviana sia un ordine), non si sta rispondendo con niente: ci si riferisce semplicemente ad una cosa differente e che non si attiene al caso.

Uccidere, torturare, ingiuriare, non sono fenomeni necessariamente coinvolti nella produzione del buon funzionamento dei treni. Non è inconcepibile che si possa migliorare la lira senza bru. ciare biblioteche private e imporre sulla stampa una censura di carattere fisico. La medesima manutenzione dell’ordine […]

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pubblicato nel n° 163 del  jornal i / 12.11.2009
alias 16.10.2010 / traduzione antonio cardiello

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una foglia d’edera – come acquarello, ma croccante

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sulla vecchia tovaglia una delle piante che lei cura con semplicita’
( talea prelevata da un pothos spelacchiato )
qualcosa di umile,  privo di pretese come il suo vivere in casa
tacitamente indaffarato e  senza chiedere
sforzandosi di rendere meno infernale l’inferno domestico

da ragazza mi piaceva quella tovaglia scozzese
amavo i colori quasi iridescenti – verde acqua, indaco chiaro
mescolati con toni più solari come il giallo uovo

ora quel tessuto pastello è entrato a far parte delle memorie senza tempo
( come se l’avessi sempre vista, stesa sul tavolo sgangherato della cucina )

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il prezzemolo sul davanzale
siepe leopardiana in miniatura e dietro, l’infinito livido del cortile

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dopo venezia mi è stato difficile pubblicare qualcosa
sono abbastanza demotivata dall’assenza di commenti come (e forse di più) dall’assenza di lavoro

(la verità è che non voglio tornare a scuola; l’idea di essere insegnante mi corrisponde sempre meno)

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dovrei cambiare modo di fotografare
meno pigro e diligente, meno logico e pedissequo

(ultimamente prendere in mano la nikon è fonte di imbarazzo, di annichilimento)

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leggo quando posso il libro di girolamo de michele sulla scuola
in bilico – tra essere dentro e rimanere fuori

(molto fuori, ultimamente – non vado nemmeno alle riunioni del comitato)

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gli amici e le loro belle case mi mettono in crisi
alcuni scelgono un destino borghese – un percorso di abbellimento (anche culturale) e fanno molti soldi

(tutto un formicolare dei pensieri, di fronte all’inutilità leziosa dei ‘miei’ di-segni)

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parole / david foster wallace via g. de michele