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la scorsa settimana sono stata con un’amica al centro balducci, per un incontro autoconvocato di insegnanti che intendono manifestare contro la riforma in atto / da tutta la provincia eravamo solo una quarantina, la maggior parte già di ruolo e impiegati (non io, purtroppo, ma tant’è)
abbiamo parlato per circa due ore delle posizioni da prendere nei confronti delle direttive interne (rifiuto delle ore in esubero per favorire nuove assunzioni, annullamento delle gite) e per organizzare la protesta pubblica che avrà luogo a udine mercoledì pomeriggio in centro, segnalata da uno smilzo volantino stampato con l’aiuto della cgil
c’è un’atmosfera trattenuta e timida – nessuno ha il coraggio di essere ottimista e di esagerare, di questi tempi / credo che non sappiamo più come si fa, ad esagerare, o solo pochi se lo ricordano
penso a franco arminio, in questi giorni sul tetto dell’ospedale di bisaccia insieme ad alcuni altri per dire basta al malaffare e alla cattiva gestione del territorio e dei beni pubblici / penso a chi fa lo sciopero della fame, a chi per il lavoro ha messo in gioco la vita e la sicurezza
nonostante tanti esempi ancora sotto gli occhi, la maggioranza di noi ha paura, si è abituata a una sicurezza e a una traquillità indifferenti che sono difficili da lasciare indietro / io stessa scrivo questo post quasi senza cuore, con distanza – e soprattutto senza speranza
non è il governo a togliermi l’ottimismo – i governi passano, cambiano, si alternano
è proprio la gente che mi avvilisce, lo stato degli animi – mi faccio paura da sola nella mia ritrosia accidiosa
è la condizione culturale del mondo che sgomenta, la patina di benessere apparente che priva tante persone del lume della ragione e della capacità di pensare in termini collettivi / sono i professionisti troppo impegnati a scarabocchiare nei loro studi, o lontani per viaggi di cultura, professionisti che scrivono solo sulle riviste di grido e organizzano eventi mondani e poi alle manifestazioni o ai sit-in non si vedono perché il tempo è denaro / è vedere i blog grondanti belle immagini, anche quelli amici, che non si scompongono di fronte a quanto succede a pochi metri di distanza dai loro tavoli da disegno (oggi in svezia vince il primo partito xenofobo nella storia della democrazia, per fare un esempio, e mi pare un atroce passo indietro, una misura evidente di come stanno messe le cose)
io stessa passo le giornate a cincischiare, a mettere insieme foto piacevoli e disegni sfiziosi nel tentativo di sbarcare il lunario, mentre tutto va a rotoli, tutto, fuori e dentro, va – a – rotoli
a cosa serve questo rimescolare segni se non cambiano le cose?
dove si applica l’impegno e come si esplicita nel lavoro creativo?
ho domandato questa cosa infinite volte su questo e su tutti gli altri blog tenuti nel corso degli anni ma nessuno risponde, nessuno – non c’è partecipazione, se non dove lo sfizio impera
e quelle che un tempo erano le persone in rete capaci di scrivere e di ribaltare le prospettive con poche parole ora tacciono, invecchiano, sbiadiscono – e lasciano i loro spazi virtuali (qui è proprio vera e tangibile, la virtualità) a impolverarsi nel silenzio
le professoresse e i professori pensano a insegnare diligentemente ma poi non si sporcano le mani, perché non si deve rendere la protesta politica, ed invece la protesta è e non può che essere politica!
abbiamo paura di esporci nella nostra forma politica perché non sappiamo più quale sia, e perché temiamo di perdere proseliti e partecipazione / ma con di fronte una tornata elettorale troppo vicina e senza sinistra (sentivo addirittura di un paradossale avvicinamento di alcuni del pd al partito di fini – ma dove siamo arrivati??), forse sarebbe il caso di farla, una rivolta politica, senza mezzi termini, senza le maschere cui ci hanno abituati vent’anni di benessere diffuso e superficiale
vivere una protesta politica significherebbe riavvicinarci a una chiarezza di intenti, e capire in prima persona quale debba essere la forma del compromesso necessario – significherebbe capire quali partiti sono in grado di aderire realmente alle nostre necessità ed a quelle della democrazia / la cultura gioca un ruolo fondamentale in tutto questo perchè probabilmente è l’unico strumento che genera consapevolezza / tra poco torneremo a riempire le case di libri di polisitrolo come quelli che si trovano nei negozi di arredamento, e in fondo lo stiamo già facendo, perché una buona parte dei libri che pubblicano e che noi leggiamo sono di polistirolo e non servono a imparare a pensare, al contrario sono manuali della dimenticanza e dell’oblio, così come tutte quelle musiche piacevoli e soft, o quelle assordanti da discoteca che impediscono di parlare, o quelle foto sbiadite e tutte uguali che imitano la nostalgia che piacciono tanto a ragazzi e blogger
la differenza è che ci vuole tempo per far sbiadire i ricordi, e che quando quei ricordi sono importanti non possiamo dimenticarne il valore così in fretta – non possiamo arredare il presente di apparenze e lasciarci inebetire dalle piacevolezze infarcendo di superlativi bugiardi e futili i nostri discorsi
questo è un tempo senza superlativi, senza appigli, è un tempo così scarno e difficile che se lo vedessimo senza maschera prenderemmo davvero paura / i libri e la cultura in generale dovrebbero servire a demolire il mascheramento, l’abbellimento posticcio e frivolo, e non a fortificarlo come invece succede
e c’è bisogno di parlare, di guardare gli altri e di ascoltarli, c’è bisogno di vivere la dimensione comune anziché quella domestica protetta e distante / non c’è democrazia senza sacrificio e questa nostra democrazia non sarà possibile senza rompere i televisori e dunque – probabilmente non sarà possibile |