monthly archives: luglio 2010

0 / epistolari
qualcuno cancellava sistematicamente tutte le mail che spedivo, per paura che le trovasse la fidanzata
altri le rileggevano fino a scorgerci dentro cose che non esistevano, desideri improbabili – riuscivano a vedermi nuda tra le maglie della punteggiatura
altri ancora non rispondevano e non rispondono, lasciando che le parole vadano a cadere in un buco nero

1 / un uomo
al telefono le scene si definiscono sommariamente, con poche frasi, spesso senza comunicare a sufficienza
dice che è andato fino in america  [ perchè là i dottori sono più bravi o perchè i ricchi fanno così?
magari sarà quello che prevedono le assicurazioni delle multinazionali
o forse tutti i telefilm che guardiamo ci convincono che questo non sia il paese migliore per curarsi ]
di notte mi sono chiesta chi lo avesse accompagnato, cosa succede a un uomo malato che sta divorziando e che ha trascorso la sua vita a lavorare troppo

2 / un amico
un messaggio senza accenti mi fa intuire quanto sia difficile adesso – l’ospedale e la barca ferma
fa ancora caldo, nonostante la notte di pioggia battente che infradiciava le tende di questa città senza canali

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+ / esasperazioni
mi sono ferita leggermente un tallone per scattare le foto sulla roggia
un sasso accuminato, o forse un vetro – c’erano un cielo talmente scuro e un’atmosfera così cupa che ho provato una paura esagerata per quel dolore improvviso e sono tornata a casa di corsa – il sangue aveva chiazzato la pelle secca sotto al piede lasciando un leggero alone sul cuoio del sandalo
la ferita – quasi invisibile

occhi
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07-024

rose: nel brano di camus c’è proprio un antidoto alle tentazioni di edonismo / superficialità / alienazione nel rapporto col bello, no?

francesco: come dicevi ieri, individuare i luoghi che producono significato. nulla di così nuovissimo ma, l’ossimorico disincantanto coinvolgimento con cui lo dicevi ieri mi ha contagiato. tutto bene, a patto che non divenga stilema, accademia dell’insolito.

è proprio l’indifferenza nei confronti dell’innovazione superficiale ed edonista che ci salvera’
(incitazione:) siamo superiori rispetto alle tendenze modaiole ed alle proposte apparentemente accattivanti che ci piovono da tutte le parti!
(questa cosa in provincia è un osso duro, sempre vittime dell’insicurezza e della marginalità finiamo per darci la zappa sui piedi e coltivare frivole tendenze individuali anziché formarci una cultura solida che fornisca i dovuti anticorpi)
in effetti i rischi di banalizzazione ed estetizzazione () sono sempre in agguato e più che mai attuali / si dovrebbe partire dall’immissione del sé nel molteplice, e dalla dismissione degli individualismi borghesi – ricordare che ogni gesto è politico: anche se non direttamente va a condizionare la vita delle persone in un dato luogo
quello che sta cercando di fare la comunità provvisoria, ad esempio
il progetto si esprime nelle due parole comunitario e provvisorio: ciò che è di molti e non ha stilemi, appunto, che non fa in tempo a solidificarsi in una forma unica e viziata, che non è soggetto all’abitudine stanca, gesto collettivo che si mette in discussione e si evolve nel sovrapporsi di voci diverse

tessitura

oggi ho ricevuto una piccola mail da un amico che non sentivo da molto, radicalmente trasformato dalla vita di famiglia e dalla provincia padano-veneta /
è sufficiente svolgere il proprio lavoro con perizia e passione o il senso di responsabilità familiare e la routine provinciale finiscono inevitabilmente per renderci accondiscendenti e distratti?
questo mi chiedo stamattina, seduta da sola di fronte al computer con una tazza di caffè a lato ed alle spalle una casa da rimettere in ordine dopo l’inverno – quali sono gli anticorpi necessari per la preservazione collettiva (ed individuale) delle risorse, per la salvaguardia dell’attivismo culturale?

dotted

eppure
andando a rileggere debord mi accorgo di come già cinquant’anni fa avessimo le conoscenze necessarie per volerci opporre a questo sfacelo ma non le abbiamo prese in considerazione / i visionari sono stati confinati dentro a nicchie culturali che hanno impedito loro la contaminazione del mondo
oggi fulvio abbate afferma che questo è il sessantotto della destra / la sinistra nel frattempo continua a vivere nelle grotte affranta da un pesante senso di inferiorità e da insicurezze ataviche
aver paura di esporsi e lottare è una gran brutta cosa /
cercasi antidoto….

un patronato calmo e la scrittura che si (re)stringe e si stinge come una stoffa
accidia e rimozione – che strano insanabile connubio … 

ho parlato per alcune ore, ieri, circa ipotesi di progetti collettivi
le gallerie ormai sono anticamere di salotti privati
regalare – bisogna mettere le idee a disposizione di altri, rovesciarle in strada
dobbiamo uscire dai confini, inventare progetti antiborghesi al limite della clandestinità / perchè l’opera non riconosciuta è la migliore, quella che si confonde con gli scenari consueti e provoca un misterioso rumore di fondo / la creazione di situazioni soprattutto, prima che di opere, cercando di lavorare sullo scioglimento del sè nel gruppo, nel molteplice / scioglimento mi piace più di annullamento /
interviste, passeggiate, riunioni clandestine nei sottoscala, appuntamenti nelle osterie, raccolta di materiale abbandonato, uso dello spazio domestico per il gruppo (abbattimento dei margini del privato), ampia escursione anagrafica /
abolizione del pregiudizio – basta appendere quadri alle pareti!

 

nello stralcio di camus è scritto / non saremo (mai) più solitari

+

il brano musicale | s-folgorante| l’ho preso da qui

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c’è molto verde in questo post
conversazioni e momenti – montagne e giardini (anche uffici)
fialmente il caldo riverbera nelle cose – le scioglie

c’è anche un modo di guardare ai ricordi che consegue a un modo diverso di vivere l’estate
così il passato diventa remoto – come certi libri di grammatica, antichi

le parole di camus forse le avevo già pubblicate
ma la loro forza non diminuisce nell’iterazione

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sono iniziate le attività alla stazione di topolò – qui il programma

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