ne scrivono da varie parti, con rammarico e dispiacere
ed invece qui – niente
niente / nonostante il talento, le sue deliranti divagazioni e le strutture che con il corpo intrattenevano sempre relazioni inedite ed ambigue (si è trattato dell’abito e della sua negazione, dissoluzione dell’idea di moda in pura visione, comunque sia inequivocabilmente commerciale) / un grande talento dunque, ma come scrivevo poco fa in un commento, sostanzialmente irrilevante e carico di anacronismi

c’è bisogno di questo? oppure il genio consiste nell’operare una rivoluzione che conduca ad altri livelli di conoscenza e soprattutto di consapevolezza?
lo smarrimento creativo dovrebbe piuttosto coinvolgere altri ambiti, provocare cedimenti nelle strutture culturali e far vacillare un sistema di cose ormai fondato unicamente sulla circolazione del denaro e sulla consuzione continua che si rigenera e si distrugge in un processo visionario quanto sterile

questa visione individuale così ben interpretata da mcqueen non ha caso si conclude con una morte altrettanto individuale, che nulla spartisce con il mondo e che nulla di sostanziale cambia del mondo e delle sue verità urgenti
pare non si avverta quasi più la necessità di una relazione intima con il vero ma si abbia invece un bisogno continuo di fagocitare cambiamenti che coinvolgono il piano puro e incontaminato della visione spettacolare
questa concezione del bello quasi rinascimentale si rivela anacronistica e separata in un mondo che del rinascimento non conserva altro che un vago ricordo, probabilmente finanziario / rimane appannaggio di persone che vivono e proliferano all’interno di circuiti specifici, moda arte spettacolo, e che non operano alcuna forma di contaminazione o compromesso in grado di corrodere le certezze formali dei vari prodotti
la vanitas contemporanea è dunque spogliata della necessità di realizzarsi attraverso la concinnitas (intesa come conciliazione degli opposti, completezza, equilibrio tra le parti, ma anche dialogo con il contesto)
tutto rimane immaturamente sospeso in un limbo dove anche l’abito è spesso immateriale, appena intravisto, o si rivela nel paradosso delle forme, nella negazione crudele delle funzioni, come si vuole all’apice del lusso

allora lo dico, qui adesso oggi – la parola lusso mi disgusta