Posted by tracciamenti on agosto 27th 2010 @ 4:22 pm
ho cominciato questa estate disperata per una prigione che andava (e va) via via chiudendomisi intorno / poi ho scelto di reagire, di regalarmi attenzione e persino un viaggio /
so bene che ci saranno stagioni in cui questo non sarà (più) possibile, in cui le incombenze mi porteranno a vivere in modo meno felice / l’esilio penoso in questa misera città borghese è già un passo non indifferente in tale direzione e la mancanza di lavoro dovuta anche alla grave situazione politica (cui sempre troppo pochi sembrano far veramente caso) mi offrono una prospettiva affatto divertente /
ma oggi – leggendo su un paio di blog esternazioni lamentose da parte di ex combattenti in fase di ripiegamento senile (come chiamarle altrimenti?) mi sale una rabbia incontenibile nei confronti di chi non si sofferma abbastanza ad apprezzare le cose che ha a disposizione, fosse solo il privilegio quasi frivolo di abitare un luogo vicino al mare, o una città vivace e ricca di situazioni / una rabbia che annichilisce persino gli slanci affettivi – perché non vanno bene simili forme di cecità e di spreco, perché le intelligenze e le buone scritture servono, e questa è una considerazione quantomeno politica riferita al presente – più che mai
a volte mi sembra che stiamo gettando la rete (e finanche le nostre vite?) ai porci
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in merito alla chiusura del blog, ringrazio le voci isolate ma non secondarie di rose e fuchsia / so bene che la lingua inglese potrebbe forse attrarre e trattenere più visitatori, anche se dubito che si soffermerebbero a leggere (la maggioranza guarda le figure e se ne va, persino tra gli italiani)
ma la decisione di mantenere i post in italiano è stata voluta e ponderata – infatti è l’unica lingua in cui riesca pur minimamente a rendere i toni, le sfumature e le esattezze presunte dei pensieri – è l’idioma primario, quello di sempre, che vorrei poter migliorare anche attraverso l’esercizio quotidiano della scrittura pubblica
inoltre – ne ho parlato spesso quest’estate – pur essendo attratta dalle svariate e spesso imprevedibili ambiguità del linguaggio, credo anche nel passaggio onesto e chiaro di certi pensieri: comprensibile, politico, diretto () e vorrei liberarmi della tendenza alla semplificazione che implica spesso la traduzione anglofona – la parola è una responsabilità e un privilegio che non intendo abbandonare – pur non essendo quasi mai soddisfatta delle cose che scrivo e soprattutto di come le scrivo
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…e chissà mai cosa vede qualcuno che guarda questo blog con occhi che non sono i miei …