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« Tutto ciò che fa gli sembra straordinariamente nuovo, ma anche in corrispondenza a questa impossibile abbondanza di novità, straordinariamente dilettantesco, forse nemmeno sopportabile, incapace di diventare storico spezzando la catena delle generazioni, interrompendo per la prima volta fino in tutti gli abissi la musica del mondo che finora si poteva almeno intuire. Talvolta nella sua superbia è più in pensiero per il mondo che per sé»
FRANZ KAFKA
[confessioni e diari – traduzione di salvatore quasimodo].

succede – dentro a certi libri
fuori dai libri la primavera trabocca di iniquità – e tragedie

( non si dovrebbe dire as usual )




seconda parte

ieri sera sono stata a un concerto jazz

il caffè caucigh è probabilmente l’unico luogo di udine che apprezzi incondizionatamente – uno spazio dove l’impulso di andarmene altrove recede / tantomeno mi passa per l’anticamera del cervello l’idea di veder ribaltare l’estetica e le regole di questo vecchio ritrovo raffinato e inconfondibile, velato di una sua poetica decadenza e irriducibile alla logica pacchiana dei bar di città, senza plastica o schermi e non incline ad assecondare le mode commerciali e le cadute di gusto del cliente ordinario che in genere preferisce la musica ad alto volume e gli arredi in acciaio

esco poco per svariate ragioni, tra cui quella di non sentirmi mai completamente a mio agio se circondata da molte persone – posso gestire tranquillamente la situazione quando sono in movimento (mentre cammino oppure su un mezzo pubblico) ma l’idea di trascorrere del tempo ferma in un luogo mediamente affollato è spesso causa di ansia e irrequietezza
ugualmente non amo i rumori molesti, le musiche soverchie e nemmeno le conversazioni praticate esclusivamente come passatempo mondano – sono pochi i posti in cui risulto inosservata, forse proprio a causa del mio particolare e palese isolamento, dell’ostinato muovermi sola attraverso ambiti generalmente socializzanti, dove di solito ci si ritrova in compagnia od almeno in coppia

ma da caucigh si vedono spesso persone sole o solitarie sedute a un tavolino con il giornale aperto, persone molto diverse tra loro che coprono una gamma piuttosto estesa di caratteri e ceti sociali – ed infatti anche ieri sera c’erano altre anime singole oltre a me, venute semplicemente per ascoltare
questo mi piace sempre, quando puoi anche vagamente riconoscerti nei gesti di altri, quando non percepisci la tua presenza come una stonatura rispetto al contesto e sei una tra tanti cui nessuno fa caso – dividi il tavolino con altri, scambi due chiacchere, saluti cordialmente la ragazza al banco, ma soprattutto ascolti ottima musica suonata dal vivo alla luce di poche lampade e delle candele poggiate sul bancone di marmo

il concerto si apre con un brano di wheeler, poi jarrett, shorter, e molti pezzi dello stesso kaucic, nella seconda parte persino alfonsina y el mar, e un particolare digradare dei toni, conciliante, al contrario di come succede di solito che le ultime battute sono le più intense e infervorate
mi aspettavo costantini al piano ma cessetti non è stato da meno con le sue mani piccole e veloci, mentre turchet è sempre una garanzia di delicatezza ed equilibrio – lui e il suo contrabbasso sono un’unica grande e in qualche strano modo affettuosa entità / la batteria di kaucic mai ascoltata dal vivo in precedenza (nonostante abbia realizzato la copertina di un suo disco in trio con maier e de mattia) è magistrale, non credo sia facile esibirsi in uno spazio così raccolto e gestire il suono in maniera tale che non entri in contrasto con la pacatezza degli altri strumenti

scappo a mezzanotte come cenerentola (che il giorno dopo lavoro) – intuisco che mancano poche battute alla fine e sicuramente mi perdo un bis, ma devo pedalare fino a casa ed anche se non fa freddo mi tocca di attraversare la città e spingermi verso la periferia sud

una volta arrivata ci sono i piatti da lavare
dal solito bar arrivano echi pompati di musica latina
altri mondi

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sul tavolo i kafka-fragmente nella versione ecm con keller al piano
la casa riceve le prime luci della primavera
(è il giorno dopo, il sabato del villaggio, si torna a casa con la giacca aperta e senza berretto)

ho deciso di riprendere la lettura di vita activa andando a rispolverare le vecchie sottolineature – la pulizia della scrittura di hannah arendt mi sorprende ogni volta, essenziale, moderna, senza fronzoli o accenti di vanagloria

una vecchia canzone sigilla il tramonto, l’ultimo duetto di charlie haden e hank jones inciso nel 2010, poco prima della morte del pianista – scatto queste foto mentre il sole si smorza dietro al distributore, dietro i cassonetti, dietro la palazzina del manhattan

.dietro.

la cosa che più mi inquieta di questa mia stagione è la quasi totale astensione da lettura e scrittura [ che se la seconda è persino un bene, la mancanza di pensieri altri nelle giornate causata dalla prima, alla lunga diventa una pericolosa rimozione del confronto e dei meccanismi capaci di attivare e rigenerare il proprio, di pensiero ]

è come se l’accumularsi delle incongruenze quotidiane, personali e del mondo, mi avesse condotta a questa afasia, un’accidia che ha origine proprio nel pensiero irrisolto-irrisolvibile e che si traduce in una stanchezza esasperata e oscura

vista la pochezza delle mie letture, dei migliori libri dell’anno passato non mi provo nemmeno a parlare, ma nel frattempo mi concedo almeno alla musica, provando ad ascoltare i consigli di chi ha compilato i bilanci più autorevoli di fine 2011 anche se raramente mi trovo in accordo con gli entusiasmi troppo accondiscendenti ed a volte poco credibili dei recensori, perchè se è vero che il rock è morto, persino il jazz ultimamente sopravvive quasi solo grazie a riesumazioni, utili a chi come me ne mastica poco, ma carenti di quegli elementi innovativi di cui avrebbe tanto bisogno la cultura

personalmente, è da questo disco che non rimango più con il fiato sospeso dall’emozione ascoltando un lavoro di produzione più recente (… era il lontano 2007!), ed anche se riconosco che ci sono alcuni prodotti discreti in circolazione, mancano praticamente del tutto i capolavori! *

*
se qualcuno la pensa diversamente si faccia pure avanti: ogni smentita delle mie affermazioni che si traduca in una segnalazione concreta sarà più che gradita

quest’anno ho apprezzato pur senza salti di gioia alcune piacevoli ripetizioni del già sentito, variazioni sul tema di ciascuno, ottime riproposizioni, ma nulla di nuovo che mi togliesse il fiato o che si avvicinasse anche solo vagamente all’idea di capolavoro: segnalo comunque kafka in flight del resonance ensemble di ken vandermark, double demon di starlicker e l’ultimo sao paulo underground (e consiglio il disco in uscita dei bang on a can, disponibile per il libero download fino al 25 gennaio sul loro sito)

ps/
un disco di rock-elettronico interessante, pur se con una certa profusione di contaminazioni e compiacenze formali, è silver di charles-eric charrier, che merita un ascolto così come red barked tree dei wire con la copertina di kounellis

per supplire alle carenze della produzione attuale, illividita dalla scomparsa di altri due grandi della vecchia guardia, paul motian e sam rivers, ho attinto a piene mani dai capolavori del passato, avvicinandomi più spesso al free e scoprendo fortunosamente alcuni dischi che mi erano in precedenza del tutto sconosciuti (perchè stupirmi?) e che confortano il mio presente nell’attesa moderatamente ottimista che alle mie orecchie giungano altri suoni straordinari, i suoni del nuovo, sperando soprattutto che quei suoni saranno accompagnati da altrettanta civiltà, visto che le cose, qui come altrove, buttano parecchio male …

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2011:
starlicker – double demon / delmark
resonance ensemble – kafka in flight / not two
sao paulo underground – tres cabecas loucuras / cuneiform
charles-eric charrier – silver / experimedia
wire – red barked tree / pinkflag


tra i capolavori del passato:
luciano cilio – dell’universo assente / 2004 (1977)
max roach – we insist! max roach’s freedom now suite / 1960
mike westbrook orchestra – metropolis / 1971
art ensemble of chicago – a jackson in your house / 1969
evan parker – boustrophedon / ecm 2008
roscoe mitchell – composition / improvisation Nos. 1, 2 & 3 / ecm 2007
roscoe mitchell – duets with anthony braxton / 1978

mangiato: molta uva
ascoltato: steve reich
visto: il pranzo di babette

 

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questa settimana poca musica (e molto mal di testa)
ma il disco di angelica sanchez è stata una piacevole scoperta
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angelica sanchez / a little house – 2010 ♥
bob dylan / blonde on blonde – 1966  (1)
gonjasufi / a sufi and a killer – 2010 ♥ (2)
györgy kurtág (juliane banse – andrás keller) / kafka fragmente – 1995
kate bush / the red shoes – 1993
RH factor (presents) / hard groove – 2003  (3)
steve coleman and five elements / on the edge of tomorrow – 1986
wayne horvitz / sweeter than the day – 2001

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immagini:
un invito al perseguimento delle più sottili e disarticolate sinestesie

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ancora kafka
e per cena insalata di arance con olive piccanti

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[ now you’re flying with me
we can take it easy for a while
cruising far above the clouds
all I want to do is see you smile
]

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… nostalgia








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è ancora inverno però le giornate si fanno progressivamente più lunghe e luminose – ma l’appartamento, indifferente al transitare delle stagioni, conserva un’aura gelida, come un brivido sotterraneo

un coacervo di tracce
le permanenze materiali sfottono il disintegrarsi recente delle relazioni umane

**

per dar sfogo all’irrequietezza sto facendo ordine tra i libri
il risultato (spero transitorio) è un maggior senso di disorientamento e confusione – gli scaffali mi sono improvvisamente estranei,  il che provoca un panico lieve che cerco di evitare rivolgendo le spalle alla libreria e provando a concentrarmi sul monitor …

***

poi ascolto musica – varie ore ogni giorno
unica azione che (forse) mi distoglie dall’accidia

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